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New Italian EpicSegnalo per la lettura un saggio di Wu Ming 1 apparso oggi in forma ridotta su La Repubblica, e il cui testo completo è scaricabile dal sito della Wu Ming Foundation.

Wu Ming 1 propone un'originale denominazione per un particolare sottoinsieme della narrativa italiana degli ultimi quindici anni: "nuova narrazione epica italiana", o "New Italian Epic". Questo raggruppamento apparentemente eterogeneo di libri (che vanno dai romanzi degli stessi Wu Ming, a Gomorra di Roberto Saviano, a Hitler di Giuseppe Genna), sarebbe l'anticipazione (il "futuro anteriore") di una nuova narrativa italiana in via di maturazione.

I libri NIE condividerebbero "almeno la metà" di questa serie di caratteristiche:

  1. Rifiuto del tono ironico tipico della narrativa postmoderna degli anni Novanta, in favore di un etos accorato e partecipe.
  2. Particolarità e molteplicità dei punti di vista narrativi all'interno dell'opera, che giungono in molti casi ad adottare lo sguardo di oggetti inanimati e di entità immateriali.
  3. Ricerca di un connubio tra complessità narrativa e leggibilità.
  4. Frequente ricorso a una sorta di "ucronia potenziale", ossia alla narrazione di fatti e momenti storici in cui era presente il germe di un futuro alternativo.
  5. Una sperimentazione e stilistica "dissimulata", che si nasconde cioè sotto una superficie linguistica solo apparentemente "semplice", "chiara" e "diretta".
  6. "Oggetti narrativi non identificati" (UNO). Ossia, molti dei prodotti del NIE non sono romanzi, o meglio, non sono classificabili né come romanzo né come altro tipo di testo, perché sono composti in maniera inestricabile di troppi e troppo diversi tipi, dal saggio alla poesia, dall'inchiesta alla diaristica.
  7. Sono opere transmediali e in qualche modo "collettive". Danno infatti spesso avvio a una serie di spin-off e "riappropriazioni", in una modalità che i Wu Ming associano alla "natura 'disseminata'" dell'epica greca antica.

Il saggio prosegue con un capitolo in cui viene presentato il concetto curioso e interessante di "allegoritmo", che consiste, se ho ben capito, in un'allegoria le cui chiavi interpretative sono legate al contesto di lettura dell'opera, che è per definizione ipotetico e rinnovabile, per cui l'algoritmo allegorico rinnova nel tempo le possibilità interpretative dell'opera, rendendola - come dire - resistente alle intemperie, e quindi candidabile allo statuto di classico.

L'ultimo capitolo è un'invettiva contro l'antropocentrismo, in cui veniamo invitati a considerare il futuro come una catastrofe certa, un'estinzione inevitabile; e a lottare forti di questa consapevolezza contro quanti fanno "di tutto per accelerare il processo di estinzione e renderlo il più doloroso - e il meno dignitoso - possibile".

Scriverò (dopo di voi...) nei commenti delle considerazioni personali sul saggio. Mi limito qui a dire che il coraggio di tentare di mettere ordine nella narrativa contemporanea è di per sé ammirevole, in un periodo in cui lettori scrittori e critici sembrano brancolare in un cieco marasma interpretativo. Quanto poi l'etichetta New Italian Epic sia in grado di reggere alla prova dell'analisi e dell'approfondimento, è da vedere. Ma, per l'appunto, staremo a vedere, e soprattutto a scrivere.

commenti

ritratto di Anonimo

Mettere un importante lavoro

commento di Anonimo (non verificato), 25/04/08 - 02:01

Mettere un importante lavoro come Gomorra nello stessa categoria di hitler di genna è o una barzelletta o una marchetta

ritratto di peterpoe

Che c'entra? Non è mica

commento di peterpoe, 25/04/08 - 11:05

Che c'entra? Non è mica questione di qualità. Sarebbe come dire che non si può definire decadente Verlaine perché starebbe nella stessa categoria, che so, di Aleardo Aleardi...

ritratto di Luther Blisset

ma non è una questione di estetica???

commento di Luther Blisset, 03/06/11 - 19:15

cioè Hitler potrebbe piacere, come piace GOmorra. Se poi come metro utilizziamo le vendite in libreria questo è un altro discorso!!!

ritratto di Wotan

A me Hitler di Genna piace

commento di Wotan (non verificato), 22/05/08 - 21:44

A me Hitler di Genna piace tantissimo!

ritratto di sarmigezetusa

hum

commento di sarmigezetusa, 25/04/08 - 13:59

1. Rifiuto del tono ironico tipico della narrativa postmoderna degli anni Novanta, in favore di un etos accorato e partecipe.

ok, ma non dimentichiamo che la narrativa postmoderna degli anni novanta, altrove si è già trasformata in qualcosa d'altro.

2. Particolarità e molteplicità dei punti di vista narrativi all'interno dell'opera, che giungono in molti casi ad adottare lo sguardo di oggetti inanimati e di entità immateriali.

questa mi pare assai pretestuosa, non è certo una novità e non è certo italiana.

3. Ricerca di un connubio tra complessità narrativa e leggibilità.

in altre parole: cercare di scrivere bene?

4. Frequente ricorso a una sorta di "ucronia potenziale", ossia alla narrazione di fatti e momenti storici in cui era presente il germe di un futuro alternativo.

Nel momento in cui si romanza un fatto storico (ossia: si esce dal seminato del testo di storia o del saggio) questo avviene in automatico (e da sempre).

5. Una sperimentazione e stilistica "dissimulata", che si nasconde cioè sotto una superficie linguistica solo apparentemente "semplice", "chiara" e "diretta".

Esistono modi più diretti per definire l'assenza di sperimentazione stilistica. ^_^

6. "Oggetti narrativi non identificati" (UNO). Ossia, molti dei prodotti del NIE non sono romanzi, o meglio, non sono classificabili né come romanzo né come altro tipo di testo, perché sono composti in maniera inestricabile di troppi e troppo e troppo diversi tipi, dal saggio alla poesia, dall'inchiesta alla diaristica.

questo è vero assaje

7. Sono opere transmediali e in qualche modo "collettive". Danno infatti spesso avvio a una serie di spin-off e "riappropriazioni", in una modalità che i Wu Ming associano alla "natura 'disseminata'" dell'epica greca antica.

L'affermazione in sé è (quasi) vera ma il paragone con l'epica greca antica (e col suo modo di disseminarsi) è del tutto fuori luogo.

ritratto di Fred Virdis

il senso?

commento di Fred Virdis (non verificato), 25/04/08 - 22:52

hum, ma invece di commentare e criticare il riassunto del saggio di Wu Ming 1 fatto da peterpoe, perché non leggere direttamente il saggio di Wu Ming 1 e poi commentare (o criticare) quello, cioè il vero oggetto del post? Magari, chissà, forse leggendo ti saresti accorto che contiene già una risposta alle tue domande e domandine...

ritratto di sarmigezetusa

scherzi?

commento di sarmigezetusa, 26/04/08 - 00:41

Io leggo solo i riassunti che mi fa peterpoe ^_^ dài su mea culpa è che non avevo tempo ^__^

ritratto di sarmigezetusa

chiamato in causa

commento di sarmigezetusa, 26/04/08 - 01:13

ho subito (subitissimo ^_^) letto il saggio e vengo a rispondere (si noti comunque che di "domande e domandine" non ne avevo fatta alcuna).

A proposito (a proposito, Virdis): chi sei?

-

1. Don't keep it cool-and-dry .

Qui il riassunto di peterpoe era perfetto, infatti commenterei: "ok, ma non dimentichiamo che la narrativa postmoderna degli anni novanta, altrove si è già trasformata in qualcosa d'altro."
Concordo poi sul discorso finale sull'etica interna.

2. "Sguardo obliquo", azzardo del punto di vista.

3. Complessità narrativa, attitudine popular.

4. Storie alternative, ucronie potenziali.

anche qui, qui e qui direi esattamente quanto detto a margine dell'evidentemente straordinario riassunto di peterpoe.

5. Sovversione "nascosta" di linguaggio e stile.

Personalmente non vedo grandi sperimentazioni nella narrativa italiana contemporanea. Quella dell'"esorbitare" la definirei piuttosto una buona soluzione, ma ripetuta troppe volte. Parlare di sovversione mi pare fuori luogo, non vedo sovvertitori di linguaggio in giro, proprio nissuni (qualche eversore, al massimo, e certo non è un'eversione voluta o cercata).

6. Oggetti narrativi non identificati.

Come si è d'accordo al 100% con il riassunto di peterpoe, lo si è con quanto scrive WM1.

7. Comunità e transmedialità.

Giuro che questo non è un commento provocatorio, ma anche qui resto sulla posizione espressa poco sopra (se non altro peterpoe si qualifica come miglior riassuntore di saggi d'Italia) :)
Non si può che essere d'accordo sul discorso degli spin-off (la loro esistenza è un fatto oggettivo) ma dall'altro lato bisogna pure ammettere che la loro rilevanza è di solito minima quando non nulla, più che caratteristiche delle opere mi paiono mera conseguenza dell'epoca in cui le opere sono state scritte. Dal momento poi che si tratta per lo più di spin-off o di appendici web o grafiche dei testi e che non c'è alcun caso di "diffusione" di qualcosa tra almeno due opere "importanti" della c.d. New Italian Epic, mi pare fuori luogo paragonare questo fenomeno di gemmazione con il "carattere plurale e policentrico" della mitologia greca (questo senza neanche entrare - a gamba tesa? - sul perché la mitologia greca è plurale e policentrica).

ritratto di peterpoe

Riassuntista

commento di peterpoe, 26/04/08 - 01:37

In effetti mi sono accorto di essere bravo a riassumere fin dalla seconda elementare. In vino brevitas direi.

Riflettevo or ora (scansando ubriachi in s. spirito per raggiungere casa) sul fatto che per discutere con efficacia sulla rete si deve imparare a scrivere brevissimamente e precisissimamente...

ritratto di Frank Mannari

bisogna dire che "alba di

commento di Frank Mannari (non verificato), 26/04/08 - 02:13

bisogna dire che "alba di piombo" rientra preciso nella categoria proposta da quel saggio

ritratto di pallido bolognese

So bene che sparare su wu

commento di pallido bolognese (non verificato), 27/04/08 - 22:19

So bene che sparare su wu ming in un sito di scrittura collettiva non é la cosa piú furba del mondo, ma...

1) Uno scrittore che si mette a fare anche il critico fa un pó ridere se al centro preciso della nuova categoria letteraria che va a proporre mette le PROPRIE OPERE.

2) L'intero "saggio" é una mega pubblicitá in favore di Giuseppe Genna (un signore con tante idee ma poco talento) e del resto dell'entourage di Carmilla, presentato come fosse l'unica cosa esistente nella narrativa italiana (con un tocco di Saviano per nobilitare l'operazione agli occhi delle masse).

3) Secondo il mio modesto parere, il punto 7 descrive semplicemente un diffuso fenomeno di leccaculismo 2.0 (fare una cosa simile al lavoro di x o a partire dal lavoro di x per catturarne l'attenzione e magari una citazione in un organo di stampa o presso un direttore di collana) che con il carattere diffuso della mitologia greca non c'entra una beneamata cippa.

Peace.

ritratto di Ariel

genna e spinoff

commento di Ariel (non verificato), 28/04/08 - 00:05

Genna ha le idee... ti pare poco? Lo stile, è vero, è spesso poco digeribile ma secondo me di talento ne ha parecchio. Casomai non ha disciplina...cmq dies irae anticipava cose poi fatte da Gomorra.
Gli spinoff e la fanart, poi, difficilmente sono interessati...casomai sono fatti per gioco.

ritratto di r.o.b.

Credo che il saggio dovrebbe

commento di r.o.b., 28/04/08 - 00:57

Credo che il saggio dovrebbe essere letto e analizzato per quello che è, e non partendo dal fatto che chi l'ha scritto è uno scrittore nè che includa nella categoria (anche se non è una categoria per quanto posso aver capito dalla lettura) anche suoi libri: perchè farebbe ridere? wm1 argomenta le sue considerazioni. Ovviamente si può essere d'accordo o meno. Ma il tuo punto 1 non mi sembra un granchè come partenza.
Sul punto 2 non sono d'accordo, anche se fosse come dici tu, la domanda è "Genna & co. hanno le caratteristiche analizzate nel testo?". Possono pure essere tutti imparentati tra loro, non mi deve interessare.
Il punto 3 si riferisce al paragrafo "comunità e transmedialità", giusto? Il leccaculismo forse non è alla versione 2.0 ma ben oltre secondo me. Anche questo per come la vedo io fa parte comunque della nascita dei fenomeni in qualsiasi campo, dove alcune opere resteranno e altre si riveleranno per quello che sono. D'altronde se non si tratta di un fenomeno si vedrà presto.

ritratto di Alessandro Raveggi

Urb.

commento di Alessandro Raveggi (non verificato), 28/04/08 - 00:54

A me pare che ci sia un unico problema: la proposta di Wu Ming rompe le palle a molti, ma manca di radicalità. Paradossalmente diventa una cosa tutta Italian senza essere una New Epic, e quindi impedendosi di valicare le Alpi (e ora Genna mi darà del pirla, dicendo che i suoi libri vendono forse più all'estero che in Italia, ma io sto parlando di un atteggiamento di fondo.)

Perché non è radicale? Per esempio perché non abbandona certi cliches dell'opinione critica in cerca del capro espiatorio: dire che ci si oppone all'ironia del post-modernismo è un po' una scemenza diffusa, proprio perché l'ironia del post-modernismo (ANNI 90? Okay che la datazione è difficile, ma negli anni '90 il post-moderno era bell'e che morto... o meglio era nato, sorto, esploso, aveva già annoiato molti, dagli anni '60 in poi) non era di proprietà del post-moderno ma affondava le sue radici nel romanzo settecentesco inglese o nella parodia dell'epica cavalleresca di Cervantes, ovvero nelle origini della letteratura moderna.

La letteratura è anche distanza, l'etos corale senza ironia non riesco a immaginarlo. Personalmente, tra "Ivanhoe" e "Tristram Shandy" preferisco di gran lunga il secondo.

Gli UNO, poi, sono una categoria emersa storicamente ma interessante da riaffermare. Un certo tipo di letteratura anfibia, decentrata, "irreprensibile" e mai rappresa in una forma non è però qualcosa che prevede nel midollo, anche (in minima parte) della sperimentazione? Poi non vorrei che fosse una categoria che solo certi addetti ai lavori riescono a centrare: "Gomorra" sarà di certo stato letto da milioni di italiani come un romanzo, perché per loro il romanzo è "qualcosa che dice qualcosa di interessante sulla realtà, per cui si può perderci un po' di tempo". Attenti a lettori!!! Meno abili, più beffardi...

Non conoscendo il contesto storico dell'epica antica, mi affascina il paragone, il ritorno, alla "questione omerica" (Omero come il primo gruppo di scrittura collettiva o meglio di performance aedica...), ma mi pare esagerato nella misura in cui c'è il dubbio che queste categorie si applichino solo al Wu Ming e non agli altri "scrittoi" menzionati.

Ritornerò a breve sull'argomento. Ora buonanotte!

ritratto di ciumeo

Che caspita state blaterando

commento di ciumeo, 28/04/08 - 12:25

Che caspita state blaterando tutti quanti?

ritratto di Anonimo

leggi e commenta o editore

commento di Anonimo (non verificato), 28/04/08 - 13:31

leggi e commenta o editore copyleft

ritratto di pina

qual'é la old italian epic?

commento di pina (non verificato), 28/04/08 - 14:11

qual'é la old italian epic?

ritratto di r.o.b.

La famosa OIE, no?

commento di r.o.b., 28/04/08 - 16:32

La famosa OIE, no?

ritratto di Wu Ming 1

Alcuni chiarimenti per discutere meglio

commento di Wu Ming 1 (non verificato), 28/04/08 - 21:34

Scusate, intervengo solo per chiarire qualche equivoco:
- nel saggio (e intendo proprio il saggio, il testo vero, non il falcidiato e strangolato articoletto di 6000 battute uscito su Repubblica) identifico in modo esplicito gli anni Novanta come *l'ultimo* decennio del postmoderno. L'ultimo, mica il primo. E' il periodo in cui il postmodernismo divenne definitivamente "maniera" (è la parola che uso). Nel testo situo la fine di quella lunga stagione all'altezza dell'11 Settembre 2001. All'inizio dico che quando cadde il muro (quindi 1989) la cultura era già salita da tempo su quel carrozzone, poi parlo de "Il nome della rosa" (quindi 1979), poi dico che la definizione più emblematica di postmodernismo è nelle Postille al nome della Rosa (quindi 1983). Sul pastiche cito Jameson (quindi 1989) e menziono la questione delle "grandi narrazioni" (quindi Lyotard 1977).

Sulla questione del "non valicare le Alpi", mah, mi sembra una critica strana rivolta a un saggio nato da confronti e momenti seminariali nordamericani, tra italiani e non, attingendo ad appunti scritti in inglese. E' chiaro che il testo affronta una peculiarità italiana: il tema è quello, dichiaratamente. Ma partendo da quella peculiarità, ne cerca il valore generale, e cerca di ragionare per tutto il tempo alla luce di un contesto globale, e alla fine addirittura cosmico. Se questo è provincialismo, allora non so proprio che dire.

Preciso anche per me il new italian epic non è un genere, ma una sensibilità figlia di quest'epoca, i cui prodromi si vedono nel nostro paese fin dai primi anni Novanta. Come potrebbe essere un genere, dal momento che le manifestazioni formali divergono in modo tanto radicale? Sì, in comune c'è il livello allegorico profondo, ma di solito i generi non si raggruppano e definiscono in base a questo.

Sull'essere o meno questa proposta "radicale", anche qui non saprei bene cosa dire. Credo che cercare con il linguaggio di "forzare" un punto di vista impossibile perché *ecocentrico* sia senz'altro un'operazione radicale. Lo è nell'accezione più pura del termine, perché va *alla radice* del nostro rapporto col mondo. E' di questo che parla il saggio. E certo che questa è sperimentazione, non vedo come la si potrebbe definire altrimenti. Non vorrei che, come accadeva un tempo, si stesse facendo confusione tra "sperimentalismo" e "avanguardia". Si sperimenta anche senza considerarsi avanguardia. Ogni opera importante nella storia delle arti è stata sperimentale. Su questo l'Umberto Eco dei primi Sixties ha scritto cose a mio giudizio definitive.

Invito tutti a non fidarsi dell'abstract che mi ha cucinato Repubblica, e ad andare direttamente al testo vero.
E sulla peculiarità italiana, cioè sulle differenze tra NIE e altre forme di narrativa metastorica, invito a leggere il testo di Claudia Boscolo appena pubblicato su Carmilla.
Grazie a tutti per l'attenzione che riservate al mio saggio, anche nel disaccordo.

ritratto di Alessandro Raveggi

Ciao a Wu Ming 1, necessario

commento di Alessandro Raveggi (non verificato), 28/04/08 - 22:48

Ciao a Wu Ming 1,
necessario e puntuale il tuo chiarimento.

Personalmente non credo si possa parlare di una maniera post-moderna, anche se si può benissimo parlare di una maniera sperimentalista (certo, da non confondere con l'avanguardia, con le due avanguardie, tanto diverse anche tra loro).

Anche nel caso del post-moderno, si può indicare la buona o la cattiva letteratura. Tralascio il fatto che il post-moderno non è per me la fine della modernità letteraria, ma un insieme di verità forse un po' periferiche (e scottanti) sul romanzo moderno da Cervantes al dopoguerra.

Non nego che mi piacerebbe confrontare la lezione di Wu Ming con le Norton Lectures di Italo Calvino, con le sue sei proposte per la letteratura del futuro. Sarebbe interessante perché entrambe fanno il punto e propongono una linea, una tendenza. Due tendenze che adesso mi appaiono come drammaticamente opposte. Per "drammaticamente" intendo che vedo una scissione netta tra quel tipo di letteratura frammentaria, metastorica, aperta, ma altrettanto corale, e la linea seguita dalla NIE; la quale, leggendo il saggio segnalato su Carmilla, pare non prendere troppo in considerazione l'aspetto parodico del cantastorie (che fine ha fatto?) a favore dell'aspetto moltitudinario ("un'epica della moltitudine" dice Petrella), da mantenere, a mio avviso, ma da affiancare - è un pleonasmo - alla parodia. Proprio perché "ogni rappresentazione del passato porta con sé un'ideologia" (L. Hutcheon), l'ideologia, le ideologie hanno bisogno di una maschera. Altrimenti promuovono il consenso uniforme.

Nella caso delle Lezioni Americane, Calvino aveva in mente una letteratura mondiale à la Goethe. E con questo intendevo "il varcare le Alpi",
una letteratura che poteva ben dirsi up-to-date perchè si proponeva come funzione della lingua anche al di là dell'oggetto libro, in cui non fosse tanto importante una traduzione (epica e conciliatoria - basti pensare all'epica mancata del romanzo moderno in Lukacs) tra significante e contesto territoriale (e quindi alla quale si potesse applicare un'etichetta di responsabile "rappresentanza") ma una sua circolazione tra contesti in cui alla soggettività corale di cui parlò Fuentes nel suo "Geografia de la novela" sia data "testimonianza" senza pretese di assoluto (nazionale o globale).

Per quanto riguarda il lettore, eccoci ad un punto dolente e cruciale: non credo che gli UNO siano così comprensibili per il lettore medio, o meglio, non credo che il mercato e l'editoria siano troppo benevoli nel confezionare un prodotto UNO. Sarà, ma credo che il lettore medio di "Gomorra" o "Manituana" non veda questi oggetti come così tanto non-identificabili.

Questo è un problema che pongo proprio alla luce del fatto che un'epica senza lettori mi pare la vecchia e cara epica, l'idea di una letteratura chiusa e coerente che non consente più alcuna comunicazione, tramite, intermediazione.
E questo mi sembra anche incoerente con le attitudini di quella scrittura molteplice promosso così egregiamente dal collettivo bolognese, che sa bene che si deve essere "sperimentali" con il lettore e non con se stessi (in questo sono in totale accordo con Wu Ming 1).

Ma allora, se la nuova epica riprende la vecchia cara epica, me ne posso tornare a leggere "Watchmen", no? ;-)

Scusate la fretta, il caos e l'approssimazione. Attendo vostre nuove.

alessandro

ritratto di Wu Ming 1

Calvino, ironia, oggetti narrativi

commento di Wu Ming 1 (non verificato), 28/04/08 - 23:23

Ben venga un confronto - si parva licet - ma quel che ho scritto e i "memos" di Calvino per le lezioni di Harvard. Hai la mia benedizione. Ma sei così certo che sia utile affrontare questa doppia lettura con uno schema dicotomico? Non sarebbe meglio partire da quel che può esserci in comune? Lo dico perché Calvino abita il mio saggio e vi è citato in due passaggi-chiave. E io non credo alle dicotomie.

Sulla questione della parodia del cantastorie: anche qui, non capisco dove e quando mai l'avrei buttata al mare o in discarica. Quella dimensione è ben presente, anche in molti dei libri che ho citato (quelli di Camilleri in primis, ma anche altri, e anche i nostri). Ma la parodia è una cosa, il pastiche postmoderno è un'altra. Il pastiche è già la parodia della parodia della parodia, con la valenza critica che si annacqua e sdilinquisce a ogni passaggio. Io me la sono presa con l'ironia fredda, "schermata" e anaffettiva, l'ironia che - parafrasando il Foster Wallace di una celebre intervista - è la forma che prende l'odio quando si spaccia per qualcos'altro. Non ce l'ho con l'ironia tout court. Non può esistere una comunicazione senza ironia.

Terzo punto: è un bel paradosso dire che i lettori non sono abbastanza avveduti da trovare un libro "indefinibile"! Rileggi la frase e pensaci su. Di solito si accusa la massa del contrario, di apprezzare o non apprezzare qualcosa senza saper minimamente spiegare il perché. Interessante questo nuovo "elitismo a piramide rovesciata"! :-) In realtà basta guardare i commenti su IBS per vedere che i lettori di "Gomorra" se lo pongono eccome, il problema dello statuto di quel libro. Si "esprimono con parole loro", certo, ma pongono il problema: è un reportage? E' un romanzo? E' finzione? E' realtà? Davvero Saviano ha visto questo? Davvero Saviano era in quel posto? Inoltre, dopo quasi 400 presentazioni pubbliche, ti posso assicurare che il problema della indecidibilità di cosa sia fiction e cosa no affiora in ogni discussione sui nostri libri. Ogni volta che un lettore, pur continuando a leggere e pure (talvolta) apprezzando quel che legge, mormora tra sé e sé: "Macheccazz...", siamo potenzialmente di fronte a un UNO.

ritratto di peterpoe

Definizione

commento di peterpoe, 29/04/08 - 00:08

Sei mesi dopo la lettura di Gomorra, sono giunto alla conclusione che è una raccolta di racconti con una spessa cornice di sofferto gonzo.

ritratto di Alessandro Raveggi

Ciao Roberto, mi scuso se

commento di Alessandro Raveggi (non verificato), 01/05/08 - 10:39

Ciao Roberto,
mi scuso se non ho risposto rapidamente, ma gli impegni mi hanno impedito di farlo.

In realtà credo che punti in comune con Calvino ci siano eccome, però, come notava giustamente Peterpoe (o Gregorio), il problema centrale - e di divisione - è quello dell'epica "rinnovata" della NIE.

Ben venga un dibattito in merito al confronto tra i sei (cinque) punti di Calvino - che considero la ultima vera proposta in fatto di letteratura in Italia - e le otto vostre caratteristiche - che considero un ottimo punto di inizio per riprendere in mano le fila di una letteratura italiana contemporanea fin troppo frammentaria e (a causa o in seguito a ciò, chi lo sa) a volte settaria.

Anche se non posso fare a meno di notare che l'intervento della Boscolo in alcuni frangenti non mi ha convinto proprio: mi pare che elimini la valenza straniante (de-doxizzante) e ideologicamente attiva del pastiche in cui credeva Linda Hutcheon a favore di quel "avoid of laughter" di Jameson, quella sua visione della fredda risata del pastiche post-moderno, che macina a suo favore stili e sensi, in un gratuito gioco di superficie.

Il pastiche post-moderno è un tema abbastanza delicato: il problema, a mio avviso, dell'analisi di Jameson è che si mostra più marxista di un marxista in fatto di "forma letteraria" (per esempio non mi pare che dia un'alternativa a "Ragtime" di Doctorow). Credo che un approccio marxistico - e quindi in parte hegeliano (!) - riguardo al rapporto tra arte letteraria e realtà sia fuoriviante, proprio perché a volte risulta incapace di scovare le nuove forme.

Ma la vostra proposta dice altro rispetto a Jameson (meno male) e sarebbe inaridita se corroborata dall'analisi suddetta. Non sono un grande esperto di epica, però credo che non ci possa essere più un'epica anche di quella rinnovata, perché l'umanità, almeno da quel Don Quijote de la Mancha in poi, è stata liberata dall'idea di un'unica centrale e ordinata rappresentazione della realtà. Proprio nel momento in cui si è dato alla letteratura la capacità di consentire una lettura (varie letture) di un libro come specchio ustorio della realtà, diceva Sartre. Ma qui si sta aprendo una voragine sotto i miei piedi...

Lancio dunque la proposta di discutere - lasciando da parte la questione di chi o meno inserire nel "canone" (ognuno ha la sua ghenga alla fine, volente o nolente...)-
sulle forme della New Italian Epic in confronto con i Memos calviniani più in profondità. E magari guardando con un occhio Calvino e con un altro un'intervista di Andrea Cortellessa a Nanni Balestrini apparsa su Tuttolibri e riportata in parte su Nazione Indiana qui: http://www.nazioneindiana.com/2008/04/23/quindici-colpisce-ancora/

Mi riprometto di scrivere qualcosa di più esteso e puntuale e di inviarvelo (rimando spammando di brutto anche al mio saggio sull'estetica post-moderna "Narcisolalia. Un approccio al postmodernismo letterarario" apparso in "Estetica", 1, luglio 2005, il Nuovo Melangolo) che affronti il tema degli UNO - c'era già qualcosa in Calvino anche se sotto la forma di una iperletteratura -, del lettore "comune" (mi dispiace essere apparso snobistico, non era affatto il mio intento, quando una mia preoccupazione per i cento - o mille "veri" lettori che non ripongono "Gomorra" sullo scaffale o non lo comprano in abbonamento) e di quant'altro riguardante la NIE.

Vorrei aggiungere un particolare: lo sterile sperimentalismo è insopportabile, però non sempre la cannibalizzazione-carnevalizzazione degli stili è un processo snobistico in cui l'autore mostra le proprie abilità, deresponsabilizzandosi rispetto al senso e alla direzione della sua parola scritta. Il post-moderno mette in questione la legittimità di una voce rispetto alle altre, esaltando la polifonia, anche se non proponendo una narrazione portante. E' sia un suo pregio che un suo difetto... perché, ripeto, il post-modernismo non è tanto per me un periodo della storia e dell'arte letteraria che è andato a finire malamente "sputtanato" in una logica culturale del tardo capitalismo (e in un certo tipo di letteratura americana da corso di scrittura creativa...), quanto un modello di lettura di quella storia della letteratura che si è contrapposta in parte a quella logica capitalistica, confondendosi a volte con e disinnescando in altre le sue forme di mercato, di diffusione e di espressione (e quindi di stile).

Basta ho già fatto abbastanza caos...

ritratto di Wu Ming 1

Vorrei chiarire, anche se mi

commento di Wu Ming 1 (non verificato), 01/05/08 - 23:42

Vorrei chiarire, anche se mi sembra che tu lo abbia capito, che io non sono per un "ritorno al modernismo". Io vorrei che si andasse definitivamente OLTRE il postmoderno, non ha senso fingere che non ci sia stato o che sia stato una mera parentesi chiusa la quale prosegue la frase di prima. Sgombrato il campo da questo equivoco, commento una tua frase:

"Il post-moderno mette in questione la legittimità di una voce rispetto alle altre, esaltando la polifonia, anche se non proponendo una narrazione portante. E' sia un suo pregio che un suo difetto..."

Certo, ERA un suo pregio quarant'anni fa, quando Pynchon era una giovane promessa e Valcareggi faceva giocare un tempo a Mazzola e uno a Rivera. Iniziò a essere un suo (grosso) difetto (del postmodernismo, non di Valcareggi) quando quella retorica divenne la stessa del potere (accademico, baronale, critico, mediatico, di lobbies culturali etc.), e in fondo accadde relativamente presto.
Si inizia con John Barth che la butta in vacca perché pensa sia *doveroso* buttarla in vacca, e si finisce con Sgarbi o Busi o chi per loro che la buttano in vacca perché *è obbligatorio* buttarla in vacca, e si torna a John Barth che oggi la butta in vacca perché *non riesce più a fare altro* che buttarla in vacca.
Buttarla in vacca è come farsi in vena. Diventi dipendente, non riesci più a finire un discorso, come Tom Cruise che scoppia a ridere al Tonight Show e per dieci minuti non è più in grado di articolare una frase di senso compiuto.
Siccome, per dirla con lo zio Carlo, "quando la rivoluzione ritarda tutta la merda ricomincia da capo", con la fine dei movimenti sociali e delle tendenze critiche di cui era una scaturigine, il postmodernismo da discorso di "opposizione" è diventato dispositivo di cooptazione di qualunque enunciato critico in un mondo dove il linguaggio rimanda sempre e ossessivamente a se stesso, i segni rimandano sempre e solo ad altri segni, le parodie sono parodie di parodie etc., fino all'apologia dell'incomprensibilità, dell'indecidibilità, dell'ineffabilità, dell'assenza di qualunque senso, dell'equivalenza di questo e quello.
Scusa se abbasso bruscamente il registro, ma a me di questa roba è da mo' che non me ne fotte più un cazzo. Ci giocavo a diciott'anni, ma oggi seguo altri sport :-)
Comunque, su queste questioni sarà molto utile un testo di Dimitri Chimenti, ricercatore all'Università di Siena, che sta per essere pubblicato su Carmilla.

ritratto di Wotan

ma tu sei veramente WU MING?

commento di Wotan (non verificato), 22/05/08 - 21:45

ma tu sei veramente WU MING?

ritratto di kalussi

secondo te uno si sbatte a

commento di kalussi (non verificato), 23/05/08 - 02:13

secondo te uno si sbatte a scrivere risposte così lunghe e circostanziate se è un fake?

ritratto di sarmigezetusa

um

commento di sarmigezetusa, 28/04/08 - 22:11

Personalmente avevo letto il riassunto di peterpoe e poi, dopo la reprimenda dell'anonimo Virdis, il saggio integrale.
-
Senza entrare nel merito di cosa è o non è avanguardia, a me pare che di sperimentalismo nella narrativa italiana contemporanea ce ne sia davvero poco (come dimostra il fatto che non ci siano in giro, oggi, quelle opere così importanti da essere automaticamente sperimentali che tu citi).
-
Sul saggio in sé, come detto sull'analoga discussione comparsa su anobii, e come dice il "pallido bolognese" lì sopra, a me pare che il principale difetto sia che tutti i parametri che hai fissato riconducano in primis alle opere degli stessi Wu Ming.
Da DA, mi piacerebbe sapere proprio da chi ha lanciato la bambola se "Alba di piombo," come dice l'anonimo Mannari, è effettivamente NIE (Gipo Acquachiara si è sempre sentito tale, mi dicono da dietro le quinte ^_^)
-
Sugli spin-off mi è venuto in mente che anche la SIC li ha fatti, internamente, in modo quasi naturale ("Un viaggio d'affari" è lo spin-off del Romanzo #1, non ancora concluso, infatti John Jerome Rose è il padre della Lindsay del romanzo), ma credo che il fenomeno si avvicini al massimo ai cross-over Marvel, piuttosto che alla mitologia greca.

ritratto di Alessandro Raveggi

Non avevo letto: il

commento di Alessandro Raveggi (non verificato), 28/04/08 - 22:49

Non avevo letto: il cross-over Marvel però mi stimola assai.

ritratto di sarmigezetusa

si ma

commento di sarmigezetusa, 28/04/08 - 23:09

Si ma il cross-over Marvel funziona così: Thor vende poco in questo momento? Spiderman vende molto? "Invitiamo" Spiderman su Thor così tutti i fissatoni dell'uomo ragno se lo comprano e magari qualcuno fidelizza.
Questo trucco fu portato alle estreme conseguenze dalla DC comics con Lobo: il personaggio (che nella versione Grant/Giffen/Bisley era eccezionale) andava benone sicché lo infilavano qua e là anche quando non c'era bisogno. Alla fine lo distrussero.
Ecco, a me pare che certi crossover, spin-off e "testi affini" di quelli a cui allude WM1 nel saggio assomiglino un po' a questi qua. Il tizio x (magari giovane o esordiente) decide di fare una cosa che riprende quanto fatto da un tizio y più famoso nella speranza di avere maggiore visibilità (no, non lanceremo un racconto SIC ambientato tra gli irochesi, anche se potrebbe venire fuori una figata ^__^).
La transmedialità, invece, per quanto con Manituana (e solo con Manituana) sia stato fatto un esperimento importante, non la vedo: mi pare che quello che (in alcuni casi) avviene su internet o altrove sia più una forma intelligente di promozione che una vera transmedialità.

ritratto di Wu Ming 1

Troppa fretta

commento di Wu Ming 1 (non verificato), 28/04/08 - 23:06

Tu scrivi: "come dimostra il fatto che non ci siano in giro, oggi, quelle opere così importanti da essere automaticamente sperimentali che tu citi"

Quanta fretta... Occorrono anni, lustri, decenni per valutare l'effettivo impatto di un'opera, la sua fondatività, l'influenza che ha avuto, le relazioni che intesse con altre opere precedenti, coeve e successive. Occorre la prospettiva. Il difetto della critica odierna, soprattutto in Italia, è proprio l'impazienza, che a sua volta deriva dall'assenza di prospettiva, dal restare schiacciati sul presente. Non si può pretendere di giudicare subito meriti e demeriti.
Questo è anche il motivo per cui sono andato indietro di 15 anni, è la distanza minima (e calco sull'aggettivo) per poter capire qualcosa e io penso che, appunto, a distanza di tre lustri certe forme comincino a emergere, certi contorni a precisarsi. E non dovrebbe sorprendere che se ne accorgano di più all'estero, dove hanno più prospettiva di noi che in certe situazioni siamo immersi.

Riscontro un'eccessiva fretta anche nell'approcciarsi a quel che ho scritto. Credo che un testo, qualunque testo a cui l'autore abbia lavorato molto, debba essere letto con calma e meditato, senza la foga che persuade di aver capito in men che non si dica tutte le implicazioni, senza la voglia di scriverne subito per poter dire: "Anche questa è fatta".

Poi scrivi: "a me pare che il principale difetto sia che tutti i parametri che hai fissato riconducano in primis alle opere degli stessi Wu Ming"

In realtà no, ho fatto anche diversi raffronti tra opere altrui senza passare per il "filtro" di nessun nostro titolo. Ad ogni modo, mi sembra di avere scritto in modo più che esplicito e trasparente che tutto è partito da letture comparate tra alcuni nostri libri e (tanti) libri di altri. E il fatto stesso che siano letture fatte da noi significa che andiamo a cercare le cose che corrispondono alla nostra sensibilità e a quello che ci piace nella letteratura.
Ma questa è solo la premessa.
Poi c'è lo sviluppo.
Troppo spesso nel dibattito intorno alla letteratura ci si ferma alla critica delle premesse, senza verificare lo sviluppo e gli esiti. L'intenzione non è il risultato. Nemmeno il ragionamento è il risultato. Guglielmo di Baskerville procede per letture sbagliate di ciascun indizio, eppure alla fine risolve il caso.

Il problema del cercare tratti comuni sorgerebbe se, dopo averle cercati, ci trovassimo con un pugno di mosche. Il problema sorgerebbe se, cercando, non avessimo trovato niente. E invece le caratteristiche comuni e le corrispondenze ci sono, le opere ci sono, gli autori ci sono, di esempi ne ho fatti svariati ma avrei potuto farne centinaia, e senza tirare in ballo noialtri. Ad esempio ci sono forti corrispondenze allegoriche tra "La presa di Macallè" di Camilleri e le opere del "Ciclo del metallo" di Evangelisti. Lì noi che c'entriamo?

E' chiaro che sono partito dal nostro lavoro, chiunque parte dal proprio lavoro e dal proprio modo di leggere. Ma poi, onestamente, credo di essere andato oltre, o di essermi spostato di lato. Basta il famoso mezzo passo di Steve Martin, per cambiare tutto.
Invece che inchiodare il confronto alla premessa, bisognerebbe vedere l'approdo del ragionamento. Gli esempi reggono? I tratti comuni, le sensibilità comuni, esistono o me li sono immaginati dal primo all'ultimo?

Insomma, questi rilievi non mi convincono, mi sembrano molto sfocati. Continua a convincermi di più l'approccio comparativo di quello disgiuntivo/pelonelluovesco :-)

Il discorso sugli spin-off non l'ho capito, mi sembra ci siano riferimenti a discussioni che non conosco quindi mi astengo dall'esprimere opinioni.
Io parlavo della vocazione alla trans-medialità e alla natura partecipativa della letteratura che ho esaminato.
Gli spin-off, in sé, sono un epifenomeno, un sottoprodotto di questa spinta. L'importante è il processo.
Comunque, in corrispondenza del passaggio sulle "sparse membra" del mito greco, c'è una nota con l'indicazione del testo che cito. Le note servono perché si possa risalire ai testi originali e integrali, quindi invito a farlo:
http://www.carmillaonline.com/archives/2007/01/002124.html

E ri-invito a leggere il testo di Claudia Boscolo, e a seguire il dibattito che si avvierà su Carmilla.

Ora devo andare. E' stato un piacere. E' sempre un piacere.

ritratto di Alessandro Raveggi

Credo che il cross-over

commento di Alessandro Raveggi (non verificato), 28/04/08 - 23:10

Credo che il cross-over Marvel possa comunque avere degli spunti interessanti. Non solo di mercato.

ritratto di sarmigezetusa

Quanta fretta... Occorrono

commento di sarmigezetusa, 29/04/08 - 02:16

Quanta fretta... Occorrono anni, lustri, decenni per valutare l'effettivo impatto di un'opera, la sua fondatività, l'influenza che ha avuto, le relazioni che intesse con altre opere precedenti, coeve e successive. Occorre la prospettiva. Il difetto della critica odierna, soprattutto in Italia, è proprio l'impazienza, che a sua volta deriva dall'assenza di prospettiva, dal restare schiacciati sul presente. Non si può pretendere di giudicare subito meriti e demeriti.

E allora, anche facendo le ovvie e debite proporzioni, ancora più campato in aria è il parallelo della NIE (il nuovo meme wuminghiano, diciamolo ^_^) con il carattere diffuso della mitologia greca.

Riscontro un'eccessiva fretta anche nell'approcciarsi a quel che ho scritto. Credo che un testo, qualunque testo a cui l'autore abbia lavorato molto, debba essere letto con calma e meditato, senza la foga che persuade di aver capito in men che non si dica tutte le implicazioni, senza la voglia di scriverne subito per poter dire: "Anche questa è fatta".

Se riscontri tale fretta, dimmi dove. O meglio: dimmi dove la fretta (vera, infatti faccio tutto di corsa e in modo impulsivo, specie nei dibattiti fiume sui blog) inficia le mie valutazioni. Senza nulla togliere agli spunti di dibattito che lanci, mi pare un testo di cui si possa scrivere subito: le implicazioni profonde saranno messe in luce dal dibattito, se ci sono, oppure le capirò quando avrò letto i testi che mi "mancano".

Poi scrivi: "a me pare che il principale difetto sia che tutti i parametri che hai fissato riconducano in primis alle opere degli stessi Wu Ming"
[...]
tutto è partito da letture comparate tra alcuni nostri libri e (tanti) libri di altri. E il fatto stesso che siano letture fatte da noi significa che andiamo a cercare le cose che corrispondono alla nostra sensibilità e a quello che ci piace nella letteratura.

Francamente, mi pare che il principale limite che ti sei dato è quello del buon gusto (ovvero: dato che citare molto i vostri libri sarebbe stato poco bello a vedersi - è sempre durissimo fare il critico se sei anche autore - ne valorizzi altri, il grosso dei quali facenti comunque capo all'entourage carmilliano)

E invece le caratteristiche comuni e le corrispondenze ci sono, le opere ci sono, gli autori ci sono, di esempi ne ho fatti svariati ma avrei potuto farne centinaia, e senza tirare in ballo noialtri.

Falli! ^_^
Un centinaio di esempi diversi aiuterebbero a togliere dal saggio quell'aria - non voluta, ne sono certo - da "ce la cantiamo e ce la suoniamo da soli". E aiuterebbero me che di letteratura italiana contemporanea so poco a trovare qualche lettura che vale la pena fare senza dover andare a tentoni.

Il discorso sugli spin-off non l'ho capito, mi sembra ci siano riferimenti a discussioni che non conosco quindi mi astengo dall'esprimere opinioni.
Io parlavo della vocazione alla trans-medialità e alla natura partecipativa della letteratura che ho esaminato. Gli spin-off, in sé, sono un epifenomeno, un sottoprodotto di questa spinta. L'importante è il processo.

Ho corretto il punto di cui sopra, e ho approfondito il discorso nel commento sugli spin-off Marvel. Rispondendoti, non credo che il processo sia importante, se questo produce fan-art, spin-off "interessati" o pubblicità multimediali sotto varie forme. Solo se ci fosse davvero una contaminazione - e tra pilastri, non tra pilastro e nanetti, o tra pilastro e sue gemmazioni dirette - il discorso, e il paragone, avrebbero senso.

e a seguire il dibattito che si avvierà su Carmilla.

Lo seguiremo senz'altro. Anche se è difficile appassionarsi ai dibattiti su Carmilla non essendoci i commentini ^_^.

(Piacere nostro)

ritratto di Wu Ming 1

purtroppo il livello è molto basso

commento di Wu Ming 1 (non verificato), 29/04/08 - 02:39

Purtroppo il livello è molto basso.

Alla fine tutto si riduce all'irritazione per il fatto che uno scrittore "faccia il critico". Anche la notazione - inesatta - sulla "ghenga di Carmilla" in fondo punta in quella direzione.

Se può uno scrittore "fare il critico"?
Ma uno scrittore *è già* anche un critico.
Il problema va rovesciato: sono i critici che non sempre sanno essere scrittori.
Non c'è quasi autore del "canone occidentale" (chiamiamolo così per comodità) che non sia stato anche un critico. Ignorarlo è magna prova d'ignorantia.
Il Dante del "De vulgari eloquentia" non è un teorico della letteratura? E Poe? Thomas Mann? Proust? Vittorini? Il Pasolini di "Empirismo eretico"? Fortini? Sanguineti? Eco? Il Calvino delle succitate "Lezioni americane"?

Ma torniamo alla "ghenga" di Carmilla, perché mi sembra un'altra prova della fretta e della superficialità con cui hai letto il mio testo, se l'hai letto.
Ben pochi degli autori citati e in alcuni casi analizzati ha a che fare con Carmilla.
Ok, noi WM, Genna, Evangelisti e De Michele scriviamo su Carmilla. Ma De Cataldo? Carlotto? Bellu? Muratori? Scurati? Saviano? Tassinari? Biondillo? Arpaia? Scapagnini? Guarnieri? Balocchi? Parazzolo?, Zaccuri? Philopat? Janeczek? Flavio Santi?
E' ben difficile che costoro compongano con me o tra di loro qualsivoglia "ghenga", dal momento che molti sono *perfetti estranei*.

Questo riflesso condizionato del gridare alle "mafiette" ogni volta che si muove qualcosa è precisamente una delle "malattie dello sguardo" che la letteratura sarebbe in grado di curare, se si decidesse una buona volta di frequentarla per davvero.
Purtroppo il livello è molto basso.

Sulla questione del "processo" che non conterebbe, mi permetto di giudicare quest'opinione cacciata lì un po' a caso.
Ciao e grazie,

WM1

ritratto di sarmigezetusa

low level techniques

commento di sarmigezetusa, 29/04/08 - 03:01

Alla fine tutto si riduce all'irritazione per il fatto che uno scrittore "faccia il critico". Anche la notazione - inesatta - sulla "ghenga di Carmilla" in fondo punta in quella direzione.

Nessuna irritazione. Il discorso è molto più semplicemente: può uno scrittore fare il critico senza innescare - suo malgrado - retropensieri?

Ma torniamo alla "ghenga" di Carmilla
[...]
Ok, noi WM, Genna, Evangelisti e De Michele scriviamo su Carmilla. Ma De Cataldo? Carlotto? Bellu? Muratori? Scurati? Saviano? Tassinari? Biondillo? Arpaia? Scapagnini? Guarnieri? Balocchi? Parazzolo?, Zaccuri? Philopat?
E' ben difficile che costoro compongano con me o tra di loro qualsivoglia "ghenga", dal momento che molti sono *perfetti estranei*.

Riconosco che "ghenga" non è una bella parola (infatti stavo editando proprio mentre tu scrivevi questa risposta ^_^) ma davvero dalla lettura (e dalla rilettura) del tuo saggio, Evangelisti/Genna spiccano parecchio sugli altri (Saviano escluso). E se la cosa la noto io che di critica letteraria non so niente, non frequento circoli a parte il barrino all'Incisa e non ho mai seguito il c.d. dibattito letterario contemporaneo, evidentemente dà nell'occhio.

Questo riflesso condizionato del gridare alle "mafiette" ogni volta che si muove qualcosa è precisamente una delle "malattie dello sguardo" che la letteratura sarebbe in grado di curare, se si decidesse una buona volta di frequentarla per davvero.

Nessuno ha gridato alle mafiette. Il punto è piuttosto che la scelta dei testi (e ripeto: parlo solo per quella percentuale minoritaria di testi che ho letto) mi pare essere fatta in funzione della dimostrazione della premessa (l'esistenza del NIE).

Sulla questione del "processo" che non conterebbe, mi permetto di giudicare quest'opinione cacciata lì un po' a caso.

Io credo che il processo conti davvero se produce degli effetti.
Tu dici giustamente che gli effetti veri li vedremo tra chissà quanti anni. Ok. Allora aspettiamo a considerare qualche spin-off e qualche esperimento su internet e altrove come caratteristica distintiva del NIE.

ritratto di Wu Ming 1

Non è il colore della coperta, sono le mani di chi l'ha tessuta

commento di Wu Ming 1 (non verificato), 30/04/08 - 14:07

Per completezza e necessità di trasparenza, posto qui la mia risposta alla tua mail. Aggiungo anche qualche riga in calce.

---------inizio citazione----

Vedrai che gli esempi verranno fuori.

Sai, mi sono rotto le corna su quel saggio per molte settimane, dormendo 4 ore per notte, leggendo, studiando, cercando di fare ordine in chili di fogli pieni di appunti.

E' chiaro che non è perfetto, ma vuole essere uno spunto perché altri riempiano i buchi che ci sono ancora.

Invece di cogliere questo spunto, e quindi partecipare a uno sforzo che deve essere comunitario, uno non è che può cavarsela con poche righe scritte *appena terminata* la lettura, e poi chiedere *a me* di scrivere subito altro.
Questa è una forma di delega all'intellettuale che de-responsabilizza tutti gli altri.

Io ho esposto un metodo di lettura comparata in base all'intersecazione di otto caratteristiche ricorrenti. Se la cosa non convince, mi si dimostri che quelle otto caratteristiche non si intersecano, o che il loro intersecarsi non è una peculiarità, o che gli esempi che ho fatto sono sbagliati.

Non si chieda a me di fare altri esempi.

Quanto alla fretta, era più che evidente. La fretta di non voler fare il lavoro che ho appena detto. La fretta di liquidare a poche ore di distanza uno sforzo teorico che si basa su circa quindici anni di lavoro. La fretta di etichettare il mio testo come una manovretta da ghenga. La fretta che porta a "selezionare" le informazioni in base a pregiudizi (c'è Genna, c'è Evangelisti, quindi è un'operazione di Carmilla).

Non credo sia così che ci si confronta.

Per questo ho detto che il livello era basso. A te rialzarlo, se ti va.
--------------fine citazione---------

Aggiunte:

1. Mah, i retropensieri. I retropensieri sono affari di chi ce li ha, non di chi non ce li ha, quindi non vedo perché dovrei occuparmene. Honny soit qui mal y pense.

2. Sugli autori che "spiccano": De Cataldo ha tanto spazio quanto quelli che citi tu. Camilleri, con "Maruzza Musumeci", è preso a esempio di riutilizzo di materiali popolari senza distacco snob. Nella parte sulla transmedialità l'autore che ha più spazio è Stefano Tassinari. Nella parte sulla sperimentazione discreta parlo di "Nelle mani giuste" e "La vita in comune".

3. Sul processo: "il movimento è tutto", diceva quel tale. Non si può giudicare la qualità dell'interazione e collaborazione tra membri di una comunità soltanto in base alla qualità dei risultati (che tra l'altro è pure questione di gusti). Virtus ipsa praemium est, o no? E' già importante che si collabori e comunichi. Altrimenti perché tutte le analisi sulla tessitura comunitaria dei "quilt" (coperte di lana a patchwork) nella cultura rurale americana come momenti importantissimi di socializzazione e riproduzione di una soggettività femminile autonoma? Fosse per te, per negare questa realtà basterebbe rispondere: "Sì, ma il colore di quella coperta fa vomitare". Mi dispiace, ma non può funzionare così e, ribadisco, è un modo frettoloso e superficiale di porre le questioni e rispondere a un problema.

ritratto di redazione

NIE a fumetti

commento di redazione, 29/04/08 - 04:56

cambiamo gioco (cambio anche nick all'uopo): ammettiamo che il NIE esista; segnalo una grande opera NIE: "Appunti per una storia di guerra" di Gipi.
Questo straordinario fumetto ha caratteristiche proprie dei punti 1, 3, 4 (anzi, è proprio e specificamente un'ucronia), 5 (anzi, rispetto ai libri citati mi pare che sperimenti molto di più) del saggio di WM1.

ritratto di peterpoe

SIC Spam!

commento di peterpoe, 29/04/08 - 05:02

(Scusate l'ondata di email di notifica. Sono state momentaneamente disattivate finché non catturo e uccido il bug che le provoca)

ritratto di Naso

Dico la mia> 2.

commento di Naso (non verificato), 29/04/08 - 14:26

Dico la mia>

2. Particolarità e molteplicità dei punti di vista narrativi all'interno dell'opera, che giungono in molti casi ad adottare lo sguardo di oggetti inanimati e di entità immateriali.

non rilevante

3. Ricerca di un connubio tra complessità narrativa e leggibilità.

non significa niente

4. Frequente ricorso a una sorta di "ucronia potenziale", ossia alla narrazione di fatti e momenti storici in cui era presente il germe di un futuro alternativo.

non rilevante e in parte falso

5. Una sperimentazione e stilistica "dissimulata", che si nasconde cioè sotto una superficie linguistica solo apparentemente "semplice", "chiara" e "diretta".

falsissimo

7. Sono opere transmediali e in qualche modo "collettive". Danno infatti spesso avvio a una serie di spin-off e "riappropriazioni", in una modalità che i Wu Ming associano alla "natura 'disseminata'" dell'epica greca antica.

falso

---------------------------------------------

1. Rifiuto del tono ironico tipico della narrativa postmoderna degli anni Novanta, in favore di un etos accorato e partecipe.

6. "Oggetti narrativi non identificati" (UNO). Ossia, molti dei prodotti del NIE non sono romanzi, o meglio, non sono classificabili né come romanzo né come altro tipo di testo, perché sono composti in maniera inestricabile di troppi e troppo e troppo diversi tipi, dal saggio alla poesia, dall'inchiesta alla diaristica.

vero. Sono in realtá due macrocategorie che bastano a definire il NIE (aggiungerei: il rapporto dialogato con la realtá) come cosa effettivamente esistente.

ritratto di peterpoe

A me nessuno mi prende per il naso

commento di peterpoe, 29/04/08 - 14:46

Ma che senso ha esprimere la propria opinione su un argomento del genere in forma anonima? Chi se ne frega se un "Naso" la pensa così o colà?

ritratto di Wu Ming 1

Per fortuna c'è gente come

commento di Wu Ming 1 (non verificato), 30/04/08 - 14:15

Per fortuna c'è gente come te che non ha bisogno di ragionare sulle cose ma sa subito "a naso" cosa è "falsissimo" o "non rilevante". E non ha nemmeno bisogno di spiegare, tanto sono autoevidenti e dense di significato le sue sentenze! Grazie del contributo. Utilissimo. :-)

ritratto di peterpoe

N.A.S.O.

commento di peterpoe, 30/04/08 - 16:53

Però Naso mi ha fatto ripensare a una vecchia piazzata che si faceva a Firenze verso il 2000 (di nome N.A.S.O. – Novità Artistiche Sparse Ovunque), in cui promuovevamo petizioni per l'abolizione di San Valentino, morivamo in massa nei supermercati, e cose del genere...

E a certi recenti assalti ai Disneytrenini...

ritratto di peterpoe

Il punto è l'epica

commento di peterpoe, 29/04/08 - 16:42

Insomma! Mi avete scocciato. (E quando mi scoccio io...) Ma è così difficile, di fronte a una dannata lista, resistere alla tentazione di reagire spulciandone i punti uno per uno? Non è forse più utile risalire ai principi generatori, e su questi concentrarsi?

I criteri che sostengono i punti del New Italian Epic sono chiari, evidenti, e sono tre:
1) Punti che descrivono le caratteristiche di una narrativa “epica” (1, 2, 4, 7)
2) Punti che descrivono la vocazione popolare di tale narrativa (3, 5, di nuovo 7)
3) Punti (apparentemente?) fuori luogo (che comunque ci devono sempre essere), cioè il 6, “Oggetti narrativi non identificati”.

Si può affermare con una certa tranquillità che la tensione verso una scrittura che abbia presa sulle masse sia figlia o almeno sorella di una tensione verso la narrativa epica. Perciò, i punti cardinali del dibattito, qualora lo si voglia far proseguire e non demolire, si riducono a due: l’analisi di questo nuovo concetto di epica, e l’analisi di questi nuovi oggetti-libro, gli UNO.

WM1, essendo l’autore del saggio, questo lo sa bene, ed è per questo che anche lui si è scocciato di fronte alla vostra reazione (di fronte a quella di Raveggi si è scocciato per altri motivi, che non ho ben compreso, forse perché non ho ben compreso la reazione di Raveggi, nemmeno dopo tre o quattro riletture).

Mi limito qui a parlare di epica, rimandando gli UNO ad altro momento. Non essendo minimamente esperto dell'argomento, ho un certo timore di fare affermazioni avventate. Ma il rischio è il sale della vita, perciò:

Quando ho letto il titolo del saggio, la prima cosa che mi è venuta in mente è stato l’Epic Metal. Poi per fortuna la mia cultura pop si è fatta più robusta, e mi sono venuti in mente Pulp Fiction e 300. Dopodiché, ho messo come sfondo del desktop Leonida che grida “Tonight we dine in hell”. Dopodiché ho riletto l’articolo di WM1 e WM2 “Mitologia, epica e creazione pop al tempo della Rete”, e ho letto quello di Claudia Boscolo “Scardinare il postmoderno: etica e metastoria nel New Italian Epic”. Dopodiché sono andato a dormire e ci ho pensato su.

Figlia della mia ignoranza in materia, e certo anche del mio passato di scrittore di racconti fantastici (un saluto al caro vecchio Mostro), l’idea provvisoria che, nella chiarezza del risveglio, mi sono fatto di questa epicità è che essa sia un tentativo di affrontare l’impossibilità di approcciarsi alla realtà che sfida e affligge la letteratura contemporanea.

Tale realtà, alimentata da due vortici generatori di caos, uno che si chiama Media, l’altro che si chiama Individuo, è talmente grande e complessa e feroce, che lo scrittore ne è quasi invariabilmente scacciato. O schiacchiato.

L’epicità (nell’accezione NIE) è una forma di fuga dalla realtà in cui si cerca di continuare di rivolgersi ad essa osservandola da lontano. O meglio, è una forma di fuga percettiva in cui si cerca di osservare la realtà da vicino con un cannocchiale rovesciato.

Può certo avere un valore, se si tiene conto del fatto che il substrato culturale da cui si attinge non è e non può più essere quello della spontaneità dell’invenzione orale – che i fantomatici popoli da cui questa sarebbe germinata sono da tempo estinti –, ma quello dell’invenzione soprattutto visiva e in parte testuale dei miliardi di individui e di organizzazioni che incessantemente riversano prodotti e idee dal vortice della propria individualità nel vortice della medialità.

L’epicità è una fuga certo più vicina alla realtà e alla sua violenza di quanto lo sia la fuga totale, sia essa nella capanna sul monte o nella biblioteca delle parole adorne, ma rimane una fuga.

Mi vengono in mente solo due tipi di reazione al problema che non implicano una fuga:
1) L’approccio collettivo alla produzione. Ossia: poiché la realtà è grossa e cattiva, anche l’autore deve farsi grosso e cattivo, perdendo in ciò la propria individualità, ma guadagnandone in conoscenza, ampiezza di vedute, risorse stilistiche ma anche materiali. Che è ciò che in SIC stiamo cercando di sistematizzare.
2) L’approccio sacrificale, che è stato proposto in questa forma rinnovata da Pasolini, e che si ritrova per esempio in Saviano. Ossia: poiché la realtà è grossa e cattiva, io mi ci schianto contro tutto quello che ho, col rischio di consumarmi interamente, ma col risultato di potermi porre come faro, come esempio, come guida per le masse.

Mi sono già fin troppo dilungato. Chiudo, odiando internet.

ritratto di Wu Ming 1

Ti ringrazio, questa è

commento di Wu Ming 1 (non verificato), 30/04/08 - 14:13

Ti ringrazio, questa è un'impostazione stimolante e che aiuta anche me.
Solo un piccolo chiarimento: sono ben lungi dall'essere "scocciato" con Raveggi. Il suo primo commento era fuori fuoco, ma il secondo era molto utile e spero davvero che voglia fare una lettura comparata - ripeto: sempre che sia concesso paragonare i piccoli come me ai grandi come Calvino - tra quello che ho scritto e le "Lezioni americane".

ritratto di peterpoe

Macerie VS Campi profughi

commento di peterpoe, 02/05/08 - 18:58

I miei due centesimi per cominciare:
Calvino nei Memo guardava al futuro come un sopravvissuto dei bombardamenti può immaginare gli edifici che saranno ricostruiti sopra le macerie del presente; mentre lo spirito di NIE mi pare piuttosto quello di un profugo che dopo aver vissuto 15 anni in una baracca vede con soddisfazione che stanno finalmente sorgendo alcuni edifici in muratura.
Per questo lo sguardo di Calvino è insieme più ristretto (i Memo non sono in fondo che una dissertazione su 5 aggettivi, mentre i punti del NIE sono delle proposizioni), e più ampio (il suo panorama è così sgombro che lo sguardo può spaziare fino all'orizzonte) di quello del NIE.

ritratto di Wu Ming 1

Beh, cazzo, non è per dire,

commento di Wu Ming 1 (non verificato), 02/05/08 - 22:06

Beh, cazzo, non è per dire, eh... ma tieni conto che io mi proietto sette miliardi (7.000.000.000) di anni nel futuro... E lo sguardo è alquanto "sgombro", è addirittura extra-umano... :-)

ritratto di peterpoe

W l'extra-umano!

commento di peterpoe, 05/05/08 - 15:06

Certo, è che io mi riferivo in maniera spicciolamente allegorica al panorama culturale dell'epoca.
Mi è piaciuto molto l'ultimo capitolo di NIE, proprio per la visione ultra-dilatata che vi si ritrova: trovo che il viaggio a ritroso dal futuro remoto sia una via efficace per connettere un'idea realistica del mondo e dell'uomo alle problematiche presenti della cultura e della politica (avviene ad esempio in modo non disprezzabile in La possibilità di un'isola di Houellebecq.)

ritratto di sergio

A me è piaciuto (il saggio di Wu Ming)

commento di sergio (non verificato), 30/04/08 - 13:28

Non entro nel dibattito precedente per insufficienza di argomenti. Certe cose, giuro, non ho la profondità culturale per commentarle. Per dirle con parole mie, ho ritrovato in quello che ha scritto Wu Ming, e ripensando a quei (pochi) autori citati nel saggio, che leggo (Camilleri, Carlotto, De Cataldo, Lucarelli), il tratto del calore, della presa di posizione e dell'assunzione di responsabilità. E la faccenda della sovversione "nascosta" di linguaggio e stile. Ci ho pensato scrivendo le mie robe. Perchè gli aggettivi in -mente mi danno fastidio da sempre, ma ce ne ficco sempre qualcuno in mezzo (cazzo cazzo io direbbe albanese) e gli aggettivi indefiniti e i mi-ti-ci-vi vorrei tanto non scriverli. Così quando correggo un mio testo, ora, mi sento rincuorato, un po' meno solo. E scusate se è poco. Anche il punto sugli UNO e sulla comunità e transamedialità mi trova molto concorde. Ho avuto occasione di fare due chiacchere con Carlotto (mica siamo amici eh, siamo due perfetti sconosciuti) ed ho sentito quanto lui era orgoglioso della musica abbinata al testo. E a me è parsa un gran bella idea. Ho fatto un po' più di fatica a capire fino in fondo i punti su sguardo obliquo, complessità narrativa e attitudine popular, e sulle ucronie potenziali. Se Wu Ming ripassasse di qua gli sarei grato se ci potesse tornare su, o se volesse farsi intervistare sul tema. La conclusione poi, il tentativo di trovare allegoritmi del NIE, la trovo interessante: la letteratura deve aiutarci a trovare vie d'uscita, perchè "il pianeta sta bene. è la gente che è fottuta". grazie del saggio e del tentativo. e dello spazio qui, ciao. sergio.

ritratto di Simone Sarasso

Parlo per me

commento di Simone Sarasso (non verificato), 03/05/08 - 11:25

Come ho già scritto altrove, reputo il saggio di WM1 fondamentale. Ce n'era un gran bisogno; c'era la necessità, dopo un decennio, di tirare le fila di ciò che è stato fatto, di mettere dei punti fissi nel lavoro della generazione di scrittori che ha insegnato il mestiere alla generazione che è venuta dopo.
Siccome faccio parte della "seconda ondata" (ringrazio pubblicamente WM1 per avermi inserito), mi pare onesto fare le pulci al mio al mio lavoro per vedere cosa c'è di NIE in ciò che ho scritto (parlo di CONFINE DI STATO e UNITED WE STAND, tanto per essere chiari).
Anadiamo con ordine:

1. Rifiuto del tono ironico tipico della narrativa postmoderna degli anni Novanta, in favore di un etos accorato e partecipe.

Sì e no. Più si che no, a dire il vero. Ma, come i fratelli KAI ZEN, anch'io spesso cedo alla lusinga del cazzeggio. E il tono si fa meno serio di quanto vorrebbe essere.

2. Particolarità e molteplicità dei punti di vista narrativi all'interno dell'opera, che giungono in molti casi ad adottare lo sguardo di oggetti inanimati e di entità immateriali.

Sì alla coralità. Anche nella sua accezione "inanimata". Talvolta lasciò parlare più i luoghi delle persone. Luoghi evocativi, come PIAZZA FONTANA o PIAZZA SANTI APOSTOLI.

3. Ricerca di un connubio tra complessità narrativa e leggibilità.

Assolutamente sì. In questo senso il racconto di Ennis sull'America e su Superman, che ho inserito nel mio romanzo d'esordio, mi pare poeticamente centrale in questo senso.

4. Frequente ricorso a una sorta di "ucronia potenziale", ossia alla narrazione di fatti e momenti storici in cui era presente il germe di un futuro alternativo.

Di brutto. Ho immaginato il colpo di Stato in UWS partendo dalla vittoria prodiana di due anni fa.

5. Una sperimentazione e stilistica "dissimulata", che si nasconde cioè sotto una superficie linguistica solo apparentemente "semplice", "chiara" e "diretta".

Sai che non lo so? Non credo che la mia scrittura sia ancora così matura per operazioni del genere. De Cataldo lo fa da Dio, a me piacerebbe un sacco farlo, ma mi sa che ho ancora da mangiare un sacco di pane duro.

6. "Oggetti narrativi non identificati" (UNO). Ossia, molti dei prodotti del NIE non sono romanzi, o meglio, non sono classificabili né come romanzo né come altro tipo di testo, perché sono composti in maniera inestricabile di troppi e troppo e troppo diversi tipi, dal saggio alla poesia, dall'inchiesta alla diaristica.

Decisamente sì. E' la lezione ellroyana: il romanzo è troppo stretto per tutto quello che c'è da dire.

7. Sono opere transmediali e in qualche modo "collettive". Danno infatti spesso avvio a una serie di spin-off e "riappropriazioni", in una modalità che i Wu Ming associano alla "natura 'disseminata'" dell'epica greca antica.

Il carattere "totale" delle opere credo che sia la parte più forte dell'intero progetto. La paura ottantina del plagio e l'ossessione della proprietà intellettuale, finalmente, ce le siamo lasciate alle spalle. Tutti possono riappropriarsi della dimensione "orale" delle storie. Implementarle, trasformarle in qualcosa d'altro, permettere che le storie evolvano.

ritratto di redazione

sarasso

commento di redazione, 14/05/08 - 00:33

segnaliamo anche un intervista a Simone, qui: http://www.blackmailmag.com/Intervista_a_Simone_Sarasso.htm

ritratto di redazione

lucarelli (via lipperatura)

commento di redazione, 04/05/08 - 15:27

Su Repubblica di oggi, l'intervento di Carlo Lucarelli sul NIE.

Un giorno ho visto una fotografia d´epoca coloniale che raffigurava insieme soldati italiani e abissini e mi sono accorto che dovevo tenere a freno il mio immaginario perché non li trasfigurasse e reinterpretasse istintivamente in Apache di Toro Seduto e giacche blu del 7º Cavalleria. Poi mi sono accorto che ne sapevo molto di più della battaglia di Little Big Horn che di quella di Adua e che avrei saputo declinare tutte le trasformazioni del generale Custer – dall´eroe con i capelli biondi di quando ero piccolo all´assassino di bambini di Piccolo Grande Uomo – ma che Vittorio Bottego – con una biografia degna di un Kurtz conradiano – restava solo una statua che dominava il piazzale in cui sono nato, a Parma. E allora mi sono chiesto perché rinunciare a tutto questo, ad un patrimonio di narrazione proiettato nel passato, nel futuro e anche in un presente da perforare con un carotaggio narrativo da pozzo petrolifero.
Per questo raccolgo con entusiasmo ed enorme interesse le riflessioni dei Wu Ming sulla Nuova Epica Italiana, riconoscendomi praticamente in molte delle loro considerazioni. Praticamente, dico, nel senso di una prassi letteraria, di una ricerca fatta di libri e di romanzi che da parte mia e da quella di altri colleghi cerca di raccogliere il fascino della frontiera, della sfida con un nuovo far west.
Una nuova frontiera che non è soltanto fisica (nuove ambientazioni, nuovi mondi da creare ed esplorare), e non è soltanto narrativa (nuove trame, nuove avventure, diverse tecniche di montaggio, temi ed emozioni estreme) ma è anche stilistica (parole nuove, nuove costruzioni, nuove costruzioni in quelli che i Wu Ming chiamano i romanzi mutanti).
Una narrativa di ampio respiro per raccontare e interpretare il mondo, con un linguaggio nuovo e concreto, come a suo tempo fecero gli scrittori del Grande Romanzo Americano per raccontare le contraddizioni e le trasformazioni del loro paese.
Anche attraverso la storia, che per noi italiani non essendo mai passata è sempre attuale e presente (mi autocito anche io con falsa modestia con la mia Ottava Vibrazione), anche attraverso la narrazione della quotidianità nascosta della Camorra di Saviano, o degli italian tabloid di De Cataldo, o l´epica mutante di Wu Ming, solo per citare qualcuno.
La cosa bella è che, come dice Wu Ming, tutto questo sta già accadendo da un pezzo, con tanti autori e con tanti libri che tutto questo già lo fanno in una ricerca che non si ferma a contemplarsi l´ombelico dei risultati raggiunti ma si mette in gioco ogni volta in un modo più alto e più impegnativo. Per questo, anche se le definizioni critiche non sono così importanti, quella di New Italian Epic non è un´etichetta inventata a tavolino.
E´ una sfida che personalmente ho raccolto con passione. Una corsa nella prateria di un nuovo far west che si apre con possibilità entusiasmanti ed infinite. Chiamatela Nuova Epica Italiana, narrativa di ampio respiro, grande romanzo italiano, chiamatela come volete, i nomi – ripeto – non sono importanti. L´importante è proprio la sfida, il desiderio, per chi se la sente e ne ha voglia, di mettersi a correre verso una nuova frontiera.
Concludo con una considerazione di cui magari non c´è affatto bisogno ma che io faccio lo stesso.
In ogni caso chiunque è libero di scrivere quello che gli pare. Sembra una cosa ovvia, ma dal punto di vista letterario noi siamo il paese dei manifesti, del romanzo è morto, delle etichette programmatiche che spesso nascono sul nulla dalla fantasia delle redazioni culturali dei giornali o degli uffici stampa delle case editrici. Le etichette si conquistano sul campo, arrivano dopo a spiegare quello che già esiste e diventano parte integrante del suo movimento. E chiunque, dal più intimo minimalista al giallista più classico, se scrive con sincerità, è altrettanto utile e importante.

ritratto di peterpoe

Evangelisti sul NIE

commento di peterpoe, 06/05/08 - 14:26

È uscito sull'Unità e su Carmilla (http://www.carmillaonline.com/archives/2008/05/002632.html) un articolo di Evangelisti sul NIE, il cui punto di interesse, mi sembra, è che contrappone specificatamente il NIE alla fu "gioventù cannibale" di "Niccolò Ammaniti, Tiziano Scarpa, Isabella Santacroce, Aldo Nove ecc", definiti come "i veri post-moderni, allievi di Arbasino e di Tondelli".

ritratto di sarmigezetusa

...

commento di sarmigezetusa, 11/05/08 - 23:08

La gioventù cannibale esisteva veramente? E se si, che categorie aveva?
Non ne ho letti abbastanza per saperlo. certo è che Aldo Nove è postmoderno. Però lui e Ammanniti (gli unici che ho letto oltre a Scarpa) mi paiono parecchio (anzi: del tutto) diversi da Tondelli.

ritratto di Alessandro Raveggi

Mi pare che Evangelisti

commento di Alessandro Raveggi (non verificato), 11/05/08 - 13:52

Mi pare che Evangelisti abbia preso un abbagglio.
Non basta il contenuto - le marche, le mode, la televisione, un'estetica splatter, etc. tipica dei, e forse solo di alcuni, "Cannibali" - per definire un autore come post-moderno, in quanto quest'ultimo è uno stile e un modello di ricezione.

Tondelli poi, nonostante abbia scritto "Un weekend post-moderno", mi pare il meno post-moderno degli scrittori italiani.

Per questo NIE e post-modernisti sono più vicini di quanto sembri.

ritratto di sarmigezetusa

um

commento di sarmigezetusa, 13/05/08 - 23:55

A me Tondelli non pare post-moderno.

In ogni caso prenderei come metro di paragone il post-moderno italiano&recente.

Mi è piaciuto molto, nell'intervento di Alessandro Bertante (qui: http://www.carmillaonline.com/archives/2008/05/002643.html) questa frase: "mostrati i limiti di una produzione letteraria piaciona e superficiale che faceva del consumo e della spettacolarizzazione della gioventù la principale chiave interpretativa dei cambiamenti sociali."

Grossa verità.
Quelli erano anni edonisti e vacui, spettacolarizzare l'edonismo e il vuoto veniva facile.
Ora c'è crisi e - forse - la crisi responsabilizza.
Grossa verità, però attenzione: tra le ipotetiche opere NIE proposte da WM1 sono poche, forse nessuna, le opere che si calano davvero nel reale e quotidiano, quello vissuto e non "specchio della società", un territorio dove 'essere NIE' è difficile comunque, negli anni '90 come oggi.

ritratto di Wu Ming 1

Ma anche tu, minchia, quanta fretta! :-))))

commento di Wu Ming 1 (non verificato), 11/05/08 - 15:44

"Per questo NIE e post-modernisti sono più vicini di quanto sembri."

Scusa, Alessandro, ma "di quanto sembri"... a chi? Stai già contestando, come se si fosse affermato chissà da quanto, un cambiamento di percezione e di paradigma che invece non c'è ancora stato. Ci stiamo sforzando di determinarlo soltanto da una ventina di giorni! Il mio saggio sul NIE è on line appena dal 23 aprile scorso, è ben lungi dal diventare il nuovo discorso da mettere in questione, un po' di pazienza. Capisco che il ritmo della retee e la natura effimera di molto di quanto vi accade dentro possa far sembrare una giornata un tempo lunghissimo, ma venti giorni non sono nulla. A leggere certi blog, pare che si discuta di NIE da vent'anni :-)
A fronte di anni trascorsi a sentirci dire, con varie accentazioni, che siamo "postmoderni", che scriviamo libri postmoderni, che siamo le versioni italiane degli scrittori postmodernisti americani e altre assurdità, noi stiamo cercando di far notare che noi e i postmodernisti siamo *molto meno* vicini di quanto sembri e di quanto si ripeta a ogni pie' sospinto. Perché è stata questa la tendenza dominante, quella all'assimilazione forzata, al paragone pigro, alla cecità di fronte a determinate peculiarità. Quindi, perché non discutiamo delle peculiarità che abbiamo appena evidenziato, anziché (o almeno prima di) riannegarle nell'assimilazione che è andata avanti per fin troppo tempo?

ritratto di Alessandro Raveggi

Caro Roberto, non volevo

commento di Alessandro Raveggi (non verificato), 15/05/08 - 00:38

Caro Roberto,
non volevo frettolosamente avvicinare NIE ai "cosiddetti" post-moderni. Mi pareva solo che l'intervento di Evangelisti non avesse colto nel segno additando come post-moderni scrittori come Antonello Centanin (quanto di più vicino a Cechov e quanto di più lontano da Barthelme) o addirittura Tondelli...

Per quanto riguarda la vicinanza NIE-PoMo (al che sarebbe divertente riprendere lo slogan degli avant-popster: NoMo PoMo, no more postmodernism!), per me può essere approcciata dal lato dell'historical metaficton - un modello che recupera la storia come ideologia, superando a suo modo la struttura epica del romanzo proposta dalla critica marxista-hegeliana - e da quello della vostra proposta di Oggetto Letterario Non Identificato, che, come ho forse già detto, mi sembra una proposta la quale, dalle avanguardie, sia stata presa in considerazione da quella generazione che giustamente adesso ripudiamo perché trasformatasi in moda e sterile testualismo.

Credo che un certo recupero del lavoro di scavo sul mito, sulla possibilità dell'ucronia, nonché di una sperimentazione sottile e sottopelle, avvicini ciò che intendiamo come post-moderno alle vostre proposte. Perché entrambe sono niente di più lontano dall'edonismo: il post-moderno "freddo" non c'entra niente, mi pare, col cinismo di "Woobinda" congiunto allo stile cristallino di Aldo Nove.

Spero di essermi chiarito. Prometto, come già detto, di ritornare diffusamente sul tema, quando il periodo lavorativo me lo permetterà.

ritratto di Anonimo

Ho letto nel blog Cazzeggi

commento di Anonimo (non verificato), 14/05/08 - 07:37

Ho letto nel blog Cazzeggi Letterari:
http://lucioangelini.splinder.com/post/16883086/SMASCHERATA+LA+NUOVA+BEF...

che da quando Wu Ming 1 ha visto il film "300" adesso si crede Leonida... (alla testa di una grottesca armata abbrancaleoni)

ritratto di sarmigezetusa

Ho letto il saggio di

commento di sarmigezetusa, 14/05/08 - 14:52

Ho letto il saggio di Angelini...
(forse che sei tu, o anonimo, Angelini?)

Premessa #1: casomai è una ghenga brancaleone ^_^
Premessa #2: se io venissi rappresentato come un Cavaliere dello Zodiaco mi gaserei moltissimo ^__^
Premessa #3: il saggio di WM1 su "300" è una figata e mi ha addirittura fatto riconsiderare Miller (Frank, non Henry), che adoro ma del quale ho dovuto ammettere con me stesso l'occulto fascismo.

Detto questo,
benché il saggio di Angelini sia piuttosto carico di livore antiwuminghiano, come alcuni commenti apparsi qua, devo ammettere che quando è uscito il saggio anch'io ho pensato all'ennesima beffa di Luther Blissett... Anche perché, come Angelini, mi è parso che fossero davvero troppo predominanti i carmilliani rispetto ai non carmilliani.
Tuttavia, considerato che l'era Blissett è finita da un pezzo, che lo stesso WM1 è venuto qui e altrove a precisare e chiarire (sempre con ethos accorato e partecipe), e visto anche lo sbattimento che comporta scrivere un saggio come quello, direi che possiamo reputarlo in buona fede.
Ma anche se non lo fosse, e avesse scritto esattamente per scatenare il dibattito e far si che tutti ci "cascassimo", nel momento in cui il dibattito nasce e genera contenuto, il risultato è comunque valido.
Come ho già scritto qui, anche a me paiono pretestuosi alcuni dei parametri fissati da WM1, tuttavia il suo saggio mi ha fatto pensare, e molto, sulla natura di quello che scrivo oggi, sul perché lo scrivo, e soprattutto sul rapporto tra quello che scrivo e il reale.

ritratto di Anonimo

Angelini... poveraccio...

commento di Anonimo (non verificato), 14/05/08 - 10:21

Angelini... poveraccio... ridotto così a sessant'anni...

ritratto di sarmigezetusa

a entrambi

commento di sarmigezetusa, 14/05/08 - 14:21

Basta con questi commenti anonimi, specie se vertono sull'insultare questo o quell'autore.

ritratto di Anonimo

Anonimo pure io! Attento

commento di Anonimo (non verificato), 14/05/08 - 15:04

Anonimo pure io!
Attento sarmige, che quando c'e' in giro Wm1, attorno a lui ci sono molti anonimi e meno anonimi..Luter Blissett gli e' rimasto nel sangue

ritratto di KZJ

300

commento di KZJ (non verificato), 14/05/08 - 16:41

L'occulto fascismo di Frank Miller?
Non credo fosse mai stato occulto. Miller è un conservatore fatto e finito. Non c'è nulla da riconsiderare però. 300 è meraviglioso. Sport, fascismo e sodomia!
Va be' torno a meditare sugli scritti di Davila.

ritratto di sarmigezetusa

beh insomma

commento di sarmigezetusa, 14/05/08 - 17:20

Che il progressismo di Martha Washington fosse peloso me n'ero accorto anch'io (sebbene sia semplicemente realistico che un vice-ministro dell'ambiente messo a governare l'America in tempo di crisi faccia solo troiai ^_^), ma il Cavaliere Oscuro presenta un Superman, quello si, ottusamente conservatore e un Batman che di fatto danza tra il ribelle e il vigilante. Anche in Sin City, per quanto grottesco e amorale, il male vero è sempre tra i potenti... Marv della primissima miniserie è un personaggio tra Steinbeck e Pasolini.

ritratto di KZJ

Marv è il tipico esempio

commento di KZJ (non verificato), 14/05/08 - 18:05

Marv è il tipico esempio dell'eroe solitario che combatte una società marcia, priva di ordine. Gigantismo romantico, superomismo, individualismo, il male vero è sì tra i potenti ma i potenti sono "i deboli" in senso nicciano. Nessuna compassione, la legge del più forte è la sola che conti qualcosa e Marv, è il più forte.
Miller mi piace sempre di più. E 300 lo ripeto è meraviglioso.
E poi in fondo chi se ne fotte. Perché bisonga sempre buttarla in politica spiccia. 300 è fascista? Secondo me non è la risposta a essere sbagliata, è proprio la domanda che non ha alcun senso.

ritratto di Comir Nivogo

Per la precisione il

commento di Comir Nivogo (non verificato), 07/06/08 - 09:22

Per la precisione il *ministro dell'agricoltrura* ad interim che diventa presidente inizia a "salvare il mondo", ma per farlo si distrugge l'anima (il potere corrompe i corruttibili, e distrugge i puri,.... chi l'ha detto?): i troiai cominciano dopo la sua morte (non so se questo a Miller sia scappato, o sia il risultato di coerenza narrativa). Per quanto riguarda Sin City è l'inevitabile decadenza di un mondo borghese "democratico" schiavo del potere del denaro (le "potenze plutocratiche") pieno di superuomini che potrebbero salvarlo se organizzati dall'Idea o dall'Uomo della Provvidenza (il Cavaliere Oscuro, o la falsa libertà della falsa democrazia di Sparta, dove il 90% degli Iloti era governato dal 10% degli Spartiati). Se non è fascista tutto questo! E comunque la Grecia è stata salvata dagli ateniesi a Salamina.:>)

ritratto di Ubmr

Insomma, della royal navy di

commento di Ubmr, 14/05/08 - 18:08

Insomma, della royal navy di Churchill (o di McGowan) sparisce frusta e rum, ma rimane la sodomia..

ritratto di Wu Ming 1

Possono essere utili al dibattito...

commento di Wu Ming 1 (non verificato), 15/05/08 - 13:41

...alcune precisioni fatte (e suggestioni date) in quest'intervista:
http://sergiopaoli.splinder.com/post/17111028/Intervista+con+Wu+Ming+1

ritratto di rosariozanni

NEW ITALIAN EPIC

commento di rosariozanni, 21/05/08 - 17:15

Una panoramica interessante quella di Bui (Wu Ming 1) nel saggio “NEW ITALIAN EPIC - Memorandum 1993-2008: narrativa, sguardo obliquo, ritorno al futuro”, e certamente non può essere liquidata come operazione autoreferenziale. Quello che Bui affronta è un fenomeno letterario che allude a qualcosa di nuovo, a qualcosa che forzatamente ma con indubbia fascinazione Bui chiama “New Italian Epic”. Si può essere o meno favorevoli alla classificazione che viene fatta (lui stesso riconosce essere una catalogazione “per forza di cose indicativa”)… ma certamente molti sono gli elementi reali, consistenti che hanno agito esattamente nel modo in cui li interpreta e se li rappresenta Bui. Da Bui vengono poste questioni fondamentali che diventeranno (mi auguro) sempre più dibattito contemporaneo. Lui intravede una tendenza, coglie le similitudini tra le opere di alcuni autori e non ne nasconde le differenze. Ma pone una questione cruciale: esiste una generazione letteraria che condivide scarti e ciò che connota questi autori è “il desiderio feroce che ogni volta li riporta agli archivi, o per strada, o dove archivi e strada coincidono”.
Altro elemento essenziale è quando Bui spiega in che senso utilizza il concetto di epico, sostenendo che … “queste narrazioni sono epiche perché riguardano imprese storiche o mitiche, eroiche o comunque avventurose: guerre, anabasi, viaggi iniziatici, lotte per la sopravvivenza, sempre all'interno di conflitti più vasti che decidono le sorti di classi, popoli, nazioni o addirittura dell'intera umanità, sugli sfondi di crisi storiche, catastrofi, formazioni sociali al collasso”.
Il fatto che ci siano autori misconosciuti che fanno fatica ad essere citati in un dibattito, che fanno fatica a farsi leggere e conoscere, non depotenzia il ragionamento di Bui, ma anzi lo rafforza, lui indica, di fatto, nei riferimenti letterari più famosi, la punta dell’isberg di una tendenza che va ben oltre il suo stesso discorso. Tanti sono gli autori misconosciuti che rafforzerebbero il ragionamento di Bui... Inoltre il problema non riguarda gli autori ma il materiale onirico messo in movimento nella lingua da una serie di lavori, un materiale che scalza l’effimero e si ricongiunge alla questione del superamento del postmoderno. Complimenti sinceri alle riflessioni poste e aperte da Wu Ming 1.

ritratto di Claudia d

un punto comune

commento di Claudia d (non verificato), 22/05/08 - 00:33

Io vedo soprattutto un tratto in comune: la maggiore voglia, rispetto ai postmoderni e ai loro figli, di dare e vivere realtà.

ritratto di rosariozanni

Andare oltre

commento di rosariozanni, 22/05/08 - 11:50

Dare e vivere realtà. La letteratura si aggira intorno ai lidi di un io piccolo, che narra delle sue miserie, come se fossero il buco del culo dell’universo. Cercherò di esprimere un altro punto di vista sul perché l’operazione culturale di Bui è preziosa.
Questa è l’epoca della corruzione generale, della venalità universale, il tempo in cui tutto, dall’acqua alle idee, dalla sfera materiale a quella spirituale, ogni cosa, essendo diventata un valore venale, “…viene portata al mercato perché là ne venga determinato il vero valore” (K. Marx, Miseria della Filosofia).
L’aria del Vesuvio, imbottigliata con ingegno dagli ambulanti napoletani fuori agli scavi di Pompei, è l’esempio pittoresco che tutto è merce, in una società basata su un essere umano particolare, l’operaio che vende la propria forza lavoro come valore d’uso del capitale. Come merce in mezzo ad altre merci. Che viene consumato, sfruttato, umiliato, offeso, che non conta e decide nulla, nonostante sia lui a produrre la ricchezza che occorre a far riprodurre l’intera società e a far arricchire le classi superiori.
Ci si può forse meravigliare che nell’epoca dell’universale venalità, di questa totale corruzione generale, anche l’arte, la letteratura, la cultura, siano diventate venali? (il postmoderno manieristico, le raffigurazioni evenemenziali e pittoresche della realtà, la fine della storia, l’io piccolo, che narra delle sue miserie, come se fossero il buco del culo dell’universo, il disimpegno dissimulato, etc…)
L’arte di un’epoca di decadenza è essa stessa decadente. Questo è ovvio!
Baricco, Ammaniti, Moccia, e simili, esistono e hanno successo, perché tale successo è esattamente il metro di misura di quest’epoca decadente.
In un’epoca come questa devono esistere per forza personaggi simili.
E indignarsi per questo, è buona cosa, ma non è sufficiente.
Le idee, i giudizi, le opinioni esistono non indipendentemente dal mondo reale. E nell’epoca della corruzione generale, della venalità, dell’effimero, da un lato abbiamo storielle buone per il mercato (è questo è il risultato della produzione culturale), dall’altro, dal lato della creazione soggettiva, abbiamo un individuo con la pomposa aurea autoriale, i cui rapporti col mondo reale sono delineati in modo tale che egli valuta il proprio “io” come “l’unica realtà”, diventando inevitabilmente un completo miserabile nel campo delle idee.
E’ questa e’ infatti anche l’epoca della miseria intellettuale della borghesia.

Non soltanto infatti egli non ha idee, ma è storicamente incapace della possibilità di acquistarne. Un simile scrittore, da un lato si arricchisce di denaro e notorietà, dall’altro, in mancanza di idee chiare, si accontenta di confusi simulacri di idee, di surrogati attinti al rovesciamento feticistico della realtà, all’esperienza mondana fondata sull’evenemenziale, sulla mistica del vissuto quotidiano insignificante, e alla retorica stilistica e autocompiacente delle orchestrazioni lessicali, tutte cose che caratterizzano un’epoca di decadenza.
Diventa esercizio da commessi servili del potere.
Il massimo di impegno confluisce nell’evasione e nella trasgressione, nella autorialità di una griffa, e ancora il potere, il denaro, la bella vita, il nulla, e pulsioni aristocratiche che permangono e sopravvivono come fannullonismo elitario nazionalpopolare.
Insomma la letteratura diventa il racconto di una realtà senza significato, se non quello del fatto che il sangue e la carne del proletariato debbano stare categoricamente fuori dalla narrazione, che il genus, l’essenza della contraddizione dei rapporti sociali venga nascosta e trasfigurata in una testimonianza letteraria edulcorata.
Diventano pagine di televisione. Narcosi collettiva, idiotismo.
L’assenza del significato come segno del tempo.
La menzogna e l’effimero come unica realtà possibile da imbastire e registrare.
La borghesia teme ciò che essa stessa produce. E deve tacere su quello che produce: milioni di schiavi salariati, miserie, guerre, devastazioni, soprusi morali, coercizioni.
Deve affrontare ogni aspetto delle manifestazioni della vita umana in maniera mistificata, falsata, menzoniera, riflettendo i luoghi comuni più biechi e abbordabili di una realtà reificata e alienata.
Deve potersi guardare allo specchio e pensare di sé che può farcela, giudicare una simile epoca di sconvolgimenti a partire dalla coscienza che essa ha di sé stessa guardandosi intorno con lo spirito del buon padre di famiglia, che mente a se stesso, alla moglie e ai figli. E anche le idee letterarie riflettono questo anelare, questo appello alla governabilità dei processi materiali e spirituali. Dove le contraddizioni se irrompono devono essere ricondotte alla visione di quello specchio e di quella rappresentazione. Don’t worry, be happy…è il significato sempre più imbarazzato, sempre più ipocrita.
E tutto si sgretola, si polverizza e lo spirito dei tempi lascia lo zelo del buon padre di famiglia (figura infelice smentita dalle incursioni delle contraddizioni reali), per approdare ad un potere senza più significati nella narrazione, senza più in grado di evocare la ragione d’essere delle classi superiori e di esse le costruzioni ideologiche di fondati perchè. Sociologi e politologi che servono, chiamano tutto ciò antipolitica, crisi di consensi per il sistema politico, etc…
Semplicemente un’epoca in declino senza che scrivani e potenti siano minimamente credibili.
I perché universali delle classi superiori sono morti, sono finiti nelle sottane di qualche prostituta di alto bordo, in qualche partita di cocaina, in qualche scalata, in qualche leggina ad hoc, nei vizi e nelle virtù individuali di che regge la cosa pubblica.
Il significato e il perché di tutto gira nelle tasche, si chiama denaro.
Sta nelle banche e nelle imprese e si chiama capitale.
Sta nelle fabbriche e si chiama sfruttamento operaio.
Sta nelle città, nelle periferie e si chiama invivibilità, nelle scuole e nelle giovani generazioni crisi di senso, nell’animo del singolo individuo spiazzamento, mal di vita, umore melanconico, malattia.
Dinanzi a questa grossolana e venale verità…ormai senza più la qualità alta di una falsa rappresentazione dell’interesse generale, senza una immagine che somigli minimamente ad una coscienza storica della classe dominante e di un conseguente pensiero politico in grado di affrontare la crisi (ecco le avvertite inclinazioni delle classi superiori verso la ricerca di un cesarismo necessario, un uomo qualsiasi, tra i più squallidi e insulsi, che assolva al compito storico di salvatore della patria), tutta questa sconvolgente incapacità diventa nei salotti culturali e letterari, miseria totale nel campo della produzione delle idee, un mestiere indotto dall’associazione stimolo/risposta. Più denaro ricevono più salivano la bocca; le teorie comportamentiste di Pavlov sono applicabili, almeno a questa accozzaglia di cani con la penna.
Il declino della borghesia contemporanea è tale che andare avanti per lei significa sempre più andare in basso, da tutti i punti di vista, economico, sociale, culturale, morale. E il declino è così enorme e sconvolgente, le contraddizioni degli attuali rapporti sociali e il limite del capitale giunti così a maturazione, che altre narrazioni, altre forme artistiche, altre testimonianze irromperanno entro un movimento reale di sovvertimento sociale. Bisogna andare oltre l’indignazione, e allora mi chiedo una cosa semplice: si può fare altra, alta e popolare letteratura (testimoniare questo mondo), senza fare i conti e misurarsi con la carne e il sangue di chi viene consumato e spremuto nella società del capitale? Andare oltre l’indignazione nell’epoca della universale venalità, significa schierarsi con chi voce non ce l’ha, a partire dalla lettura sociale di questi silenzi. Non è sufficiente schierarsi contro l’imperante consumismo culturale o la letteratura di maniera ma bisogna schierarsi contro il sistema sociale che consuma e annienta, materialmente e spiritualmente, uomini particolari, gli schiavi salariati, che distrugge la natura, che inchioda milioni di esseri umani alla morte spirituale. Letteratura resistente, guerriglia culturale significa per me testimoniare la realtà negata di questi rapporti sociali, la soggettività sfruttata e sottomessa, nella forma di denuncia, di invettiva, di interpretazione e di trasfigurazione fantastica, in una prospettiva diacronica e sincronica, che sappia contenere il passato, il presente e il futuro negati di quest’epoca in declino. Letteratura resistente è testimonianza appassionata della contraddizione, narrazione partigiana, in grado di abbracciare tutte le situazioni sociali e tutti i sentimenti, tutte le immagini e i vissuti storici, i cui conflitti e la cui attività compongono ai nostri occhi la manifestazione della vita umana. Letteratura resistente com’espressione della lotta e della resistenza reali, come comunicazione di vecchie e nuove eresie. La carne e il sangue nelle pagine sono pagine di carne e sangue reali. Il mio romanzo Mal’aria! pubblicato da Stampa Alternativa, credo vada in questa direzione: la psicologia dei personaggi assume, a mio avviso, una straordinaria importanza proprio perché è la psicologia d’intere classi sociali, e di conseguenza i processi che si svolgono nell’animo dei singoli individui costituiscono il riflesso di un movimento storico. Il proletariato non ha tempo di occuparsi di estetica e se chi scrive cominciasse a preoccuparsi del sangue e della carne del proletariato, a schierarsi con maggiore chiarezza, a cercare questi fantasmi metropolitani abitanti di vere e proprie galere produttive, espulsi dall’agorà come schiavi ateniesi o iloti spartani (non contano e non decidono praticamente un cazzo e producono tutto!!!!), sarebbe già un passo avanti verso la bellezza di un progetto autentico di liberazione culturale, il significato estetico di una coscienza storica affrancata fino in fondo dall’universale venalità. Quindi prendersela con chi fa il proprio mestiere di imbonitore e funambolo di regime, va benissimo, ma non prelude alla vera questione: andare oltre l’indignazione! Riconoscere vitalità politica e culturale alla soggettività sociale di una determinata classe, significa concepire la testimonianza e la narrazione come militanza di parte, come autentica educazione sentimentale alla liberazione umana. Significa imbastire scritture che sappiano parlare direttamente al cuore del proletariato, che sappiano testimoniare l’anelare alla sua liberazione dalla schiavitù del lavoro salariato, che sappiano evocare a ciascun individuo, che in cuor suo riflette l’oppressione spirituale di questa epoca in declino, i perché spirituali, e che tale registrazione della realtà diventi narrazione anticipatrice dei significati storici del passaggio dal regno della necessità al regno della libertà. Perché di questo si tratta: evocare l’ambizione di una parte della società a questo passaggio, e registrarne tutte le contraddizioni, i silenzi, le scelte, le cadute e le rialzate, la psicologia degli uomini, come riflesso di questo movimento storico reale di liberazione. Narrare significa posare gli occhi “dentro” con la mente e il cuore “oltre”. Mentre si traguarda la finitezza dell’attuale sistema sociale, bisogna esigere una coscienza storica dell’infinità. E solo attraverso questa coscienza che scopriremo, da un lato, gli operai in carne ed ossa, e dall’altro il denaro, la merce e il capitale. Solo in questo modo scopriremo il perché nella società del capitale esistono scrittori, artisti e intellettuali senza idee, e più sono senza idee più fanno del denaro in tasca il simbolo omaggiato delle loro vacuità. Fino a quando il potere di ciascuno si misurerà con quanti soldi ha in tasca, fino a quando il rapporto tra le merci nasconderà il rapporto tra gli uomini, fino a quando avremo operai nascosti dalla ideologia dominante, avremo sempre l’assenza del significato della realtà, e tale assenza si rifletterà e manifesterà sempre nelle più svariate forme dell’imperante consumismo culturale e nelle sue sperimentazioni zuccherate verso il nulla. Dal punto di vista delle cose fin qui dette, Bui apre un dibattito interessantissimo perché la rappresentazione della realtà così come la ereditiamo, la crisi così come la viviamo si fa critica: apre spiragli nella lingua, prende forma letteraria…anticipa processi, cerca assonanze con più opere e più contenuti…mancano tentativi di traguardare il mondo letterario in questo modo e che sia una operazione che parte da Wu Ming 1, che parli di Evangelisti e Gemma, per me non c’è alcun problema, se tali esempi e tali contributi servono per capirci qualcosa…. Dare e vivere realtà. Ma con la consapevolezza che un certo irrealismo letterario è più reale della realtà codificata dalla fenomenologia dominante. Il surrealismo è stato “realismo dialettico” come rifiuto del principio di realtà imposto dai vincitori e dominatori. Per cui la classificazione di Bui (“per forza di cose indicativa”) chiarisce da un altro punto di vista, alcune cose: no all’effimero, no alle orchestrazioni lessicali manieristiche, no alle raffigurazioni evenemenziali e pittoresche, no all’io piccolo del postmoderno putrescente, no agli stolti e pacifici paolotti, servi e cani con la penna. Ma quanto di tutto questo sia emerso e quanto di tutto questo (con le contaminazioni e le sperimentazioni necessarie) sia già una tendenza? E quanto questa tendenza sia nuova, epica e italiana? La rappresentazione di quello che sta accadendo come controtendenza alla spazzatura, la definizione di NIE è una sincera approssimazione, un tentativo intellettuale alto e popolare allo stesso tempo, un punto di partenza, ma quanto in essa non sia già maniera, statuto letterario come istituzionalizzazione del conflitto e della narrazione?

ritratto di sarmigezetusa

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commento di sarmigezetusa, 26/05/08 - 01:12

Personalmente credo che affrontare la crisi di senso sia uno dei compiti chiave di chi scrive oggi (intendo: di chi scrive non solo per divertirsi e/o mettere il prosciutto nel pane).
Attenzione, allora: il postmoderno avrà la colpa di aversi sguazzato e riso, ma così facendo ha anche gettato le basi estetiche per affrontarla, questa crisi di senso: l'ha, come dire, ruminata.

ritratto di rosariozanni

Non volevo fare proclami,

commento di rosariozanni, 22/05/08 - 15:40

Non volevo fare proclami, magari alludendo a una inutile letteratura/manifesto… possiamo fare a meno delle forma ideologico-religiosa del pensiero… Del saggio di Bui a me interessa porre al centro quello che lui evidenzia come processo (che gli autori da lui citati e non citati siano consapevoli o meno è irrilevante), un processo che rimanda a una tendenza critica della letteratura. Una letteratura che sappia coniugare complessità e popolarità, che sappia intercettare le questioni epocali del presente, che concepisca la dimensione storica non come occasionale forma fenomenica di un conflitto umano puro e atemporale, minimalistico, dissimulato magari attraverso orchestrazioni lessicali che imbastiscono pittoresche raffigurazioni dell’effimero e del sentimentale, con un io narrante che vive nella torre d’avorio della pace, del privilegio e del potere, nel mentre le classi superiori dispiegano la propria volontà di potenza, le proprie forze violente, ciniche e distruttive. Non la letteratura dentro al Castello. Ma quella fuori dal Castello. Letteratura che assolva al compito di facilitazione della rappresentazione di questo mondo. Che sappia essere riduttrice di complessità mettendo in moto il materiale onirico collettivo, che sappia traguardare l’hic et nunc storico, avvalendosi di tutto, dell’ibridazione dei generi, del passato e del futuro, ma che parli della carne senza nome, che utilizzi la fonte archiviata e la attraversi ripercorrendo il silenzio dei vinti, una lingua come narrazione, bio-grafia e testimonianza di questo mondo. Ora piuttosto che criticare Bui perché negli esempi letterari utilizzati c’è la presunta “cordata bolognese” (con i Wu Ming … Evangelisti, Carmilla, etc.) come ho visto in alcuni commenti…sarebbe più serio, criticare nel merito i ragionamenti presenti nel saggio. E poi secondo voi è un caso che Q, 54, Asce di Guerra, Manituana, o Black Flag, abbiano a che fare con la Bologna borghese dello sceriffo Cofferati? Invece di criticare Bui perché appartiene al meglio che la cultura letteraria italiana come fenomeno collettivo abbia prodotto, perché qualcuno non si degna a fare un saggio nel merito delle cose dette dal Bui? Io credo Che il gruppo Wu Ming ed Evangelisti, siano tra i casi letterari più interessanti che si sono imposti nel dibattito nazionale. Altra cosa ad esempio è un Saviano che vive le zone d’ombra di una esperienza letteraria immediatamente istituzionalizzata e cooptata dal potere. Anche se il coraggio e l’originalità di Gomorra resta tutta. O il manierismo “esorbitante” di Genna. La cosa più interessante è vedere che questa NIE, così come la rappresenta Bui è un resoconto ragionato sugli ultimi quindici anni che apre alcune importantissime riflessioni.
Scusate i commenti uno dopo l'altro...

ritratto di KZJ

Due considerazioni due

commento di KZJ (non verificato), 24/05/08 - 11:49

Così in ordine sparso, senza sistema e così tanto per esercetira la tanto vituperata arte del "pour parler" (che manco so se scrive così).
1) Mettere Ammaniti, Baricco e Moccia sullo stesso piano mi sembra una forzatura. Bisognerebbe fare attenzione a non farne una questione di gusti. Un po' come dire che né Pynchon né De Lillo sono postmoderni perché piacciono a noi altri...
2) Il new italian epic e la riflessione su esso è inevitabilmente "elitaria". In pochi, relativamente al numero di lettori in Italia, conoscono Wu Ming e gli altri indicati da Bui (tra cui noi). Spesso quando parlo di WM con persone che non fanno parte di una certa cerchia (potremmo discutere per ore sull'omofilia) i loro volti si fanno perplessi e chiedono, quando intuiscono che sto parlando di libri, "chi è ? Uno scrittore cinese?"
3) Gli scrittori NIE sono scrittori
borghesi che scrivono per lettori borghesi. Di scrittori operai ne conosco uno e i suoi lettori sono comunque borghesi
4) L'epoca in cui viviamo è di dedadenza come tutte quelle che la hanno preceduta. Guido Ceronetti, non senza ironia, annotava, in “Pensieri del tè” che «Il 18 febbraio 3012 avanti Cristo sarebbe cominciata questa età della Kali Yuga, destinata a durare 432mila anni. Era un venerdì.»
Ci resterebbero quindi da affrontare ancora solo 428.989 anni di oscurità.
5) Sartre invece annotava che ogni popolo ha il governo che si merita, io mi permetto di aggiungere che anche i lettori hanno gli scrittori che si meritano

ritratto di MM

Mi pare che la cosiddetta

commento di MM (non verificato), 24/05/08 - 14:52

Mi pare che la cosiddetta NIE, Camilleri e De Cataldo a parte, patisca un po' un deficit di qualitá prosastica. Anche gli stessi libri di WM a volte hanno dei momenti difficili, per non parlare dei loro cloni o di Evangelisti (che peró compensa con idee a fiume). Genna ancora devo capire se é geniale o pessimo, comunque almeno ha un suo stile ponderato. Ora, senza perdersi troppo in discorsi, trovo che questo problema mini la possibilitá che sia credibile e/o influente come movimento letterario. I capostipiti ci sono anche, ma la "coda" non li vale.
Detto questo, trovo che sia assurdo parlare (come hanno fatto molti) di club wuminghiano, o peggio di un WM1 che "spinge" gli amici sia allucinane visto che da che mondo é mondo i movimenti letterari nascono e ruotano intorno a enclavi, gruppi di conoscenti e di affini.
Un'altra veritá indiscutibile é che il postmoderno italiano fa un poco pena, con qualche eccezione, ma credo che sia da un bel po' di anni che siamo in tono nettamente minore rispetto agli USA.

ritratto di sarmigezetusa

qualité

commento di sarmigezetusa, 24/05/08 - 15:41

Non mi pare che WM1 abbia detto che il NIE debba essere influente o decisivo: ha detto che il NIE esiste, e che nasce da una certa tendenza.
Condivido solo in parte quello che dici riguardo la qualità, il punto secondo me sono le vere origini di una certa estetica (e di un certo modo di scrivere), ma sul tema spero di poter tornare esaustivamente con il lungo articolo che io e peterpoe stiamo scrivendo per alimentare il dibattito in modo costruttivo.
E' vero che il "nostro" postmoderno spesso ha scimmiottato in modo tardivo gli USA, ma ci sono state delle sperimentazioni che non possono venire archiviate solo come giochini: almeno da un punto di vista estetico hanno lasciato un segno.

(P.S.: ti firmi MM... Sarai per caso lei: http://www.xantology.com/2007/02/21/letteratura-copincolla/ ?)

ritratto di Wu Ming 1

Lo smerdatore di culi al Geriatrico

commento di Wu Ming 1 (non verificato), 24/05/08 - 22:27

Sarà. Io, in quasi 400 presentazioni, di lettori operai, precari e finanche autenticamente derelitti ne ho incontrati un bello sbrozzo, e mi sa che continuerò a incontrarne. Gente che uscita dall'azienda passa alla biblioteca comunale, o che ha potuto leggere i nostri libri grazie al download.
E' cosa di cui sorprendersi?

No.

Sull'essere scrittori borghesi (posticcia o no che sia la definizione, perché prima si usa l'epiteto, poi si dice che va preso cum grano salis, ma a rimanere nelle orecchie è l'epiteto, mica il sale): il case study del Sottoscritto è interessante; figlio di un metalmeccanico e di una bracciante, entrambe le nonne braccianti in pensione, il fratello fa tuttora il metalmeccanico, e l'anzidetto Sottoscritto (!) prima di campare di royalties ha inanellato una gran serie di lavori di merda, dal bracciante che lega gli innesti di kiwi al facchino, dallo scaricatore al postino, dallo smerdatore di culi all'Ospedale Maggiore al lettore di contatori dell'acqua nelle case popolari.
Ragion per cui, il Sottoscritto si sente molto, molto vicino alla tipologia di lettori di cui sopra, poco hypocrites, mes semblables, mes frères.

"Un po' come dire che né Pynchon né De Lillo sono postmoderni perché piacciono a noi altri..."

Se una corrente di critica e teoria letteraria si spinge oltre il concetto di "postmodernist historiographical metafiction", rimette in moto la roulette e fa "saltare" alcuni libri di DeLillo dalle caselline in cui erano rimasti fermi per anni, questo non avviene per motivi di gusto, ma perché quei libri vengono ritenuti qualcosa di più di esempi di "metafiction", e veri e propri "libri di confine".
Per dirla con Amy J. Elias, sono "texts that straddle the lines... novels that stand in a transitional position between modernist and postmodernist, or realist and postmodernist, modes... Novels such as these are 'about' what history is, but they are also 'about' problematizing how the subject imagines Self in history". Elias propone un'altra espressione, quella di "metahistorical romance", ma è una storia troppo lunga e non voglio tediarvi. E poi, via, son sottigliezze... Il "succo" di queste discussioni sul NIE mi sembra chiaro. Il punto è: queste discussioni possono fornire spunti utili a tutti i partecipanti, prescindendo dalle idiosincrasie, dai recinti, dalle diverse sfumature, dai disaccordi su uno o più punti? C'è un terreno che tutti possiamo praticare, nelle differenze e nel divergere?

ritratto di Wu Ming 1

L'incontro dell'ombrello e della macchina da cucire...

commento di Wu Ming 1 (non verificato), 24/05/08 - 22:29

Vorrei chiarire che non legavo gli innesti di kiwi al facchino. La frase sarebbe piaciuta a Breton e Soupault, ma io intendevo dire che sono passato dal legare gli innesti al fare il facchino.

ritratto di KZJ

Postilla

commento di KZJ (non verificato), 24/05/08 - 11:53

Naturalmente, la distinzione tra borghesia e "proletariato" è da intendere come del tutto posticcia. Le classi sociali potrebbero essere ridotte semplicemnte a una: quella dei consumatori

ritratto di Anonimo

bha beato chi può ancora

commento di Anonimo (non verificato), 25/05/08 - 19:48

bha beato chi può ancora consumare e non essere consumato

ritratto di Wu Ming 1

Tabard

commento di Wu Ming 1 (non verificato), 25/05/08 - 15:01

Segnalo quest'altra discussione, molto interessante:
http://rivistatabard.blogspot.com/2008/05/seconda-nota-sul-nie.html

ritratto di Wu Ming 1

Il "verginello"

commento di Wu Ming 1 (non verificato), 25/05/08 - 23:45

Il senso e l'intento del biglietto "amichevole" linkato sopra non è comprensibile se non si conosce questa presa di posizione del 2006:
http://www.ilprimoamore.com/testo_204.html
Presa di posizione della quale il bigliettaro tace, et pour cause: deve fingere di avere uno sguardo verginello, di dare un parere spassionato e disinteressato, alieno da scazzi pregressi etc.

E invece ricordare il precedente è cosa utile e giusta, perché permette di interpretare una scelta in apparenza bizzarra: l'autore del biglietto evita di rivolgersi a me, autore del memorandum sul NIE, per avviare un confronto, esprimere una critica nel merito. Si rivolge invece a Evangelisti, "amichevolmente", commentando un suo commento al memorandum.
Lungi dall'essere un contributo costruttivo, è invece una richiesta di presa di distanze, pure piuttosto sguaiata.

Del memorandum, poi, nel "biglietto" è assente praticamente tutto. La tesi di fondo viene rimossa, si rimane fermi alle premesse, se ne isola una (quella che Evangelisti ha riassunto con il termine "massimalismo") e se ne dà un'interpretazione angusta e iper-letterale. Semplice viatico per una "lista della spesa" che ammucchia opere alla rinfusa, senza l'ombra del tentativo di una lettura comparata, fingendo che da un mese non ci si stia confrontando, anche aspramente, su sette precisi tratti distintivi del NIE.

Con questo precipitoso surrogato di analisi, che in teoria dovrebbe puntellare un mero (e puerile) tentativo di seminare zizzania, si pensa di poter sostituire un lavoro critico serio, del quale evidentemente non si è capaci.

E poi c'è l'insopportabile nascondere la mano dopo aver tirato il sasso. Dopo aver prodotto questo capolavoro di rancore e rancidume, l'autore (in un P.S.) piagnucola perché il suo "biglietto" viene trattato per quel che è, ovvero un "monumento asinestre alla superficialità e alla fretta di dire la propria 'amichevolmente' (cfr. Giap #22)

Disprezzo gli ipocriti, e disprezzo i pusillanimi.

ritratto di Eugenio

dall'esterno

commento di Eugenio (non verificato), 26/05/08 - 11:37

Caro WM1,
nel farti notare che l'intervento di Tiziano Scarpa postato dall'anonimo qui sopra (con chiara intenzione polemica) è quello sui "Romanzi d'eccellenza" e non il biglietto a Evangelisti, vorrei però fare un appunto, da esterno, come sottolineo sempre, alla querelle.
Sono d'accordissimo che il biglietto è un chiaro esempio di distanza polemica "non formulata" (l'ho scritto anche nel post di Tabard), e dunque il non-formulare non è mai proficuo al dibattito.
Però, se volessimo andare al di là della querelle di cui tu dai le radici "storiche": anche l'indicazione di quei romanzi può risultare utile a "rivedere" una periodizzazione, che in quanto fatta su eventi letterari recentissimi è sempre passibile d'"errori". Oltretutto, se fondata su elementi storici, economici, politici, psicologici ecc. una periodizzazione d'una tendenza letteraria non potrà mai essere deterministicamente derivata (cosa che tu ovviamente non fai: metti in campo ipotesi). Però per un esterno alla querelle è sempre utile ricercare delle possibili "radici", prodromi di un fenomeno o modelli precedenti(lasciamo stare che Scarpa parli di romanzi "massimalisti" ignorando tutte le peculiarità da te indicate riguardo alla NIE): per esempio: il lavoro sul romanzo storico di un Malerba come s'inserisce nella tendenza? Quali luci può proiettare, per una critica intertestuale che a posteriori cerca di sviscerare dei fenomeni di comunanza fatta di scarti e diversità? E' solo un esempio.

E, d'altra parte: il pezzo di Scarpa sul romanzo d'eccellenza, un anno fa, o forse meno, io lo presi per quello che mi sembrava fosse: una dichiarazione di "gusto", innanzitutto; ma soprattutto, più importante, un pericolo (che lui dava già come fenomeno assodato):

lo accennavo anche nel post quando parlavo di "preconfezionamento critico": è un fattore che con Tabard analizzeremo: il pericolo è quello di banalizzare una "forma": cioè, che lettori del tuo saggio sulla NIE stereotipizzino a mo' di ricetta gli elementi che tu solo descrivi:

insomma: che spuntino romanzi newepici come funghi... e che la newepic perda la valenza critica che tu gli attribuisci. (E con una velocità impressionante! Dato che si sta parlando ovunque di newepic: anche la stampa lo fa, e sai in che modo può farlo, dando per assodato e lasciando stare che si tratti di ipotesi in cantiere.)
Lo so che è fisiologico. Si chiama emulazione acritica. E però, allo stesso tempo: la forma che tu hai dato al saggio, e che stai cercando di postillare (col tuo dono dell'ubiquità...) in TUTTE le discussioni internetiane, una forma "debole", cioè ancora nebulosa, potrebbe accelerare il fenomeno. E' per questo che io leggendo Scarpa, sono andato al di là dei toni polemici, sarcastici, anche bassi, se vuoi. Cerco di prendere tutto l'utile da tutto ciò che c'è in campo. Il newepic preconfezionato è un rischio, ecco. E proprio perché la sua "definizione" ancora è allo stato d'ipotesi, mi sembra ancor più "pericoloso".

(ricorda cosa accadde con i cannibali...)

Spero di essere stato chiaro

ritratto di Wu Ming 1

Le male erbe e Malerba

commento di Wu Ming 1 (non verificato), 26/05/08 - 14:26

1) SUI PERICOLI CHE CORRIAMO
E' proprio per i motivi che elenchi, e per i rischi che fai notare, che non voglio fare alcun tipo di sconto agli stereotipizzatori sarcastici, ai banalizzatori interessati, agli pseudo-obiezionisti in malafede. Le manovrette vanno trattate come tali. Il fatto che anche le manovrette siano utili - perché annunciano possibili strategie che verranno impiegate per difendere lo status quo ante - non vuol dire che le giustifichiamo.
Anche l'intervento sul "romanzo d'eccellenza" è leggibile dentro la ragnatela di piccoli anatemi tessuta negli ultimi anni. E' l'ennesimo intervento che, programmaticamente, evita di entrare nel concreto e nel merito delle opere, ancora un esempio di "sostituzionismo": supplire all'assenza di lavoro critico con una definizione-ombrello buona per tutti gli usi, e un dialoghetto finale a fornire la foglia di fico della "diminutio auctoris".

2) SU QUELLO CHE C'E' PRIMA
Proprio su Malerba, con calma, sto preparando un lungo intervento, per un'iniziativa che si terrà a Torino.
Faccio notare che nel memorandum il NIE è descritto come in dialogo costante con la tradizione del romanzo storico italiano. E non solo: ho scritto che gli esperimenti sullo sguardo obliquo hanno antecedenti importanti nel Calvino di opere come "Le cosmicomiche" e "Palomar". E in "54" c'è un preciso lavoro su Fenoglio. La polemica del "biglietto" è stupidella anche per questa ragione.

3) SULLO STATO DELLA DISCUSSIONE
Sulla questione del "se ne parla": un po' esageri. Siamo appena agli inizi. Noi passiamo molto tempo dentro questo universo parallelo che è la Rete, ma il dibattito deve ancora estendersi pienamente, perché ogni contesto ha i propri tempi di ricezione e reazione: passeranno *mesi* prima che questa cosa venga ripresa (non importa come) su riviste specializzate, convegni di critici, corsi universitari sulla grande stampa etc. La stampa ne parla sì, ma poco. Le pagine culturali dei quotidiani, con l'unica eccezione de "L'Unità", sono ancora silenti. Sui grandi quotidiani, dopo l'abstract del mio pezzo e la replica di Lucarelli, è uscito soltanto un trafiletto di bassissimo spessore sul Corriere. Evitiamo di sovrapporre la fase della discussione a cui siamo giunti noi con lo stato della discussione fuori dalla rete.

4) SUL NEW ITALIAN EPIC COME IPOTESI
Sulla questione della lettura "debole" del memorandum. L'aggettivo mi sembra improprio, ma capisco cosa intendi, e la parola "memorandum" implica già una natura del testo aperta, dialogante, performativa:
http://www.demauroparavia.it/68478
La mia è una ipotesi, ma chiariamo una cosa: non ritengo un'ipotesi l'esistenza del NIE, cioè di opere scritte negli ultimi anni che hanno in comune alcuni elementi basilari e una natura allegorica non "a chiave". Io di questo sono più che convinto, e credo che se tale ipotesi fosse campata in aria il mio memorandum non sarebbe "suonato" giusto a così tante persone (qui in calce, una mail ricevuta ieri, una delle tantissime pervenute nell'ultimo mese).

Quella che propongo come ipotesi di lavoro è invece la serie di atti interpretativi che secondo me andrebbero compiuti su quelle opere. E' un'ipotesi la mia elencazione e argomentazione di quei tratti e la riflessione sull'allegoria.

Può benissimo darsi che le caratteristiche comuni più importanti siano altre: io stesso credo di averne appena trovata una, che si colloca a un livello profondo (appunto, allegorico): molte delle opere in oggetto trattano di come affrontare il buco lasciato dalla morte di un fondatore, di un grande padre. Non era soltanto una consonanza tra "Manituana" e "Nelle mani giuste", come credevo inizialmente. C'è anche nel libro di Bellu e in "Medium" di Genna.
Non può essere una coincidenza che tanti romanzi recenti abbiano personaggi-assenza a cui ci si riferisce con l'antonomasia "il Vecchio".
Questo, lo accennavo nell'intervista a Sergio Paoli, ha forse a che fare con la fase storica in cui ci troviamo. Però nel memorandum questo sviluppo manca. Ennesima prova che c'è ancora molto da lavorare. Insieme.

APPENDICE
Segue un esempio (assolutamente tipico) di mail ricevuta da quando ho pubblicato il memorandum:

"senza saperlo e solamente con la guida della mia sensibilità, da tempo i romanzi e gli UNOs citati da wu ming 1 nel
saggio su new italian epic, sono stai quelli che più ho amato, che più
mi hanno coinvolto,( Q sopra tutti e più di tutti ). esiste veramente il filo che li lega, anche chi ha strumenti di
analisi e di comprensione più limitati dei vostri può coglierlo. abbiamo tutti, tutti noi italiani,bisogno di una nuova epica, che ci sollevi, ci dia forza..." P.

ritratto di Wu Ming 1

Ancora "il Vecchio"

commento di Wu Ming 1 (non verificato), 26/05/08 - 15:27

P.S. Mi è venuto in mente adesso: anche il libro di Babsi Jones, "Sappiano le mie parole di sangue", ha come premessa di tutto ciò che vi avviene la morte del padre fondatore, il Vecchio.

Tito.

L'inferno balcanico è la voragine apertasi dopo la morte di Tito.

E nel libro è raccontato in flashback il *preciso momento* in cui Tito muore.

Forse, chissà, stiamo toccando uno dei punti nevralgici del NIE.

ritratto di rosariozanni

...tutti noi italiani...

commento di rosariozanni, 26/05/08 - 15:53

“… abbiamo tutti, tutti noi italiani, bisogno di una nuova epica, che ci sollevi, ci dia forza..."
Roberto, siamo già abbastanza tricolorati… e di una sperimentazione nazionalpopolare proprio non abbiamo bisogno. Mi auguro che l’allegoria del profondo e la vexata quaestio (di questo mese) sulle grandi narrazioni in rottura con i pastiche minimalisti del postmodernismo manieristico, non diventi nel dibattito letterario aspirazione ideologica e culturale di un rinascimento nazionale… ma esattamente il contrario… la messa in visibilità della inconciliabilità storica e mitopoietica degli interessi sociali nella crisi materiale e spirituale dei nostri tempi…altrimenti rimpiango la letteratura in crisi dell’io piccolo consumistico e consumato… ;-)

ritratto di Wu Ming 1

non cerchiamo l'uovo nel pelo

commento di Wu Ming 1 (non verificato), 26/05/08 - 16:04

Andiamo, Rosario, perché dare interpretazioni cavillose di poche righe informali, scritte senza alcuna pretesa di esattezza concettuale, sulla spinta di un'urgenza emotiva? E' una mail il cui senso mi pare chiarissimo: nella fase soffocante che stiamo vivendo in questo paese, abbiamo bisogno di *respiro*, il respiro che possono dare le grandi storie.

ritratto di rosariozanni

Un pretesto per dire qualcos'altro

commento di rosariozanni, 26/05/08 - 17:14

Niente pelo nell’uovo… come la poni tu è chiaro che sono d’accordo…
Traendo spunto da quella mail forse volevo aggiungere qualcosa… “un pretesto per dire qualcos’altro” e dato che questo qualcos’altro non è indifferente, sarebbe importante intendersi su quello che ho detto: la funzione mitopoietica, sullo sfondo di crisi storiche e devastazioni, deve assolvere al compito del rinascimento nazionale? O esattamente il contrario…mettere in visibilità
l’inconciliabilità degli interessi sociali nella crisi materiale e spirituale dei nostri tempi? Credo che il dibattito extraletterario sulla tua felice intuizione e sui tuoi preziosi ragionamenti, verterà esattamente su questo: la New Italian Epic, a quale funzione assolverà: a quella critica nelle contraddizioni reali o a quella di falsa coscienza e normalizzazione della realtà? Come fuori scena dei conflitti o come interpretazione critica e radicale (nella forma letteraria) di questi conflitti? Dato che le questioni poste dal tuo saggio sono importanti credo che ogni tentativo critico debba mettere in conto il rapporto e le connessioni di potere che la cultura e la letteratura possono attivare, o viceversa le implicazioni con le anticipazioni visionarie e radicali di rottura.
La NEW ITALIAN EPIC è un tentativo di ragionare su una rottura che sta avvenendo dentro la letteratura (e nei gusti della comunità di lettori) ma queste rotture e orientamenti riflettono lo spirito dei nostri tempi e evocano rotture più generali, come narrazioni corali, popolari e critiche, anticipatrici e visionarie di rotture che stanno avvenendo entro un movimento storico reale.

ritratto di Wu Ming 1

Zero Severgnini, mille Fontamara

commento di Wu Ming 1 (non verificato), 26/05/08 - 18:02

La risposta è nelle opere. Stiamo alle opere, perché sono la manifestazione *concreta* di quanto stiamo dicendo. Queste opere raccontano una comunità nazionale indistinta e aclassista, un fantomatico Volk italico, oppure raccontano il conflitto, la divergenza, il divenire caotico, le deterritorializzazioni? Io non ho dubbi nel rispondere. E' un'epica della differenza e della moltitudine, è un'epica del bellum intestinum che corre lungo la storia del nostro paese. Zero Severgnini ("Italians"), mille Fontamara. Il che non toglie che si possa parlare di "successi italiani"; ma a vincere premi a Cannes il cinema italiano ci va con "Gomorra" e "Il divo", opere non pacificanti, incazzogene. Se c'è una renaissance nella cultura italiana, è una renaissance della critica alla cultura italiana.

ritratto di rosariozanni

Avanti così!!!

commento di rosariozanni, 26/05/08 - 18:35

Bravissimo.
Aandiamo alle opere...

ritratto di Wu Ming 1

Intervengono i Connettivisti

commento di Wu Ming 1 (non verificato), 27/05/08 - 00:47

I Connettivisti (movimento socio-letterario attivo nell'ambito della science-fiction e delle sue mutazioni) dicono la loro sul New Italian Epic:
http://www.next-station.org/fe-art-d.php?_i=129

La cosa si fa sempre più interessante.
Sul blog di Tabard, ieri, scrivevo che le iniziali discussioni su "postmoderno sì" / "postmoderno no" / "postmoderno cosa s'intende" erano piuttosto lontane dal vero "fuoco" del mio intervento, e che una volta spostato l'accento da quegli aspetti alla pars construens si sarebbe avviato un lavoro comunitario, di con-ricerca.
La sezione "New Italian Epic" di Carmilla è aperta agli interventi ponderati e costruttivi di singoli (come già sta accadendo) e gruppi di lavoro (SIC, Tabard, Connettivisti e qualunque realtà si senta di dare un contributo).

ritratto di uffa

Ma che senso ha

commento di uffa, 27/05/08 - 11:01

Scusate, ma che senso ha un dibattito del genere... questo tentativo di creare distinguo... di dibattere come se si volesse creare una tendenza critica... ma per favore non sarà finità la storia, ma queste storie qua si. E poi perchè prendere le distanze dalla letteratura dei cannibali come fa Evangelisti? perchè criticare Baricco, Ammaniti, Moccia, come ho visto fare in un commento più sopra?
Un romanzo che parla delle cose quotidiane, delle frustrazioni individuali, e lo fa con sarcasmo, con cinismo, con delicatezza, perchè deve essere considerato spazzatura? Questo ritorno dei grandi temi, le narrazioni olistiche, epiche, del sangue e della carne, delle classi sociali (ancora sta storia?), a me non piacciano. L'individuo è il vero erore, quello che guarda la TV, che lavora, che si assume le responsabilità,o le rifugge...che si innamora, che sogna, che ride, ...minimalismo? E dove ci ha portati il massimalismo?
Io preferisco le contraddizioni reali degli individui agli incubi fantasiosi e iperrealistici su popoli, nazioni, battaglie...
ma ognuno è libero di scrivere e leggere quello che gli pare ma non torniamo a fare ideologia in mezzo ai libri...Quest'estate mi porto sotto l'ombrellone Seta di Baricco e lo leggo volentieri perchè è scritto bene e mi rilassa, e abbiamo bisogno di rilassarci... di manifestare le nostre curiosità in tanti modi... e fare dibattito e creare tendenze significa fare politica, ideologia, avanguardismo spicciolo...i lettori non hanno bisogno di questo...ma di storie accattivanti, scritte bene, libri che si fanno leggere, non manifesti sulla filosofia della storia letteraria...i gusti dei lettori sono eterogenei...e le implicazioni della scelta di un testo non possono mai diventare critica e dibattito letterario...fate tendenza, continuate così e ci ritroveremo di nuovo avanguardie di intellettuali da strapazzo che vogliono cambiare il mondo, quando a mala pena sono riusciti a cambiare un pò sè stessi (e questo grazie anche alle roialties delle Major)
Scusate i toni polemici...ma c'è troppo intellettualismo in giro nel nostro paese, troppa spocchia da primi della classe...

ritratto di Maya

beh

commento di Maya (non verificato), 27/05/08 - 15:40

Moccia è letteratura? Via su cerchiamo di mantenere il dibattito su binari almeno credibili. Moccia è spazzatura.

Ammanniti ci sta di criticarlo perchè è ahilui un postmodernino, i suoi personaggi mi spiace ma non sono vivi e reali, sono caricature, sono ragazzi della 3C un po' più intelligenti. Certo, scrive meglio (come d'altronde Bariccone il vacuo, la meringa fatta letteratura) di molti "NIE".

ritratto di Wu Ming 1

Qui una volta era tutta campagna

commento di Wu Ming 1 (non verificato), 27/05/08 - 17:55

Intorno al 100esimo commento, molte discussioni danno segni di aver esaurito il proprio ciclo vitale. Capita anche alle migliori, forse sta capitando anche a questa. Se siamo - ooooooh! - all'invettiva pleonastica contro Baricco o Moccia (da derubricare sotto i "Discorsi da salone di manicure"), è segno che quanto si poteva dire qui è stato detto.

ritratto di Maya

caro Wu Ming, era solo un

commento di Maya (non verificato), 30/05/08 - 11:49

caro Wu Ming, era solo un commento a un commento.

una cosa che mi piacerebbe chiedere è: il NIE può costituire una "via d'uscita" dalla letteratura di genere o è più un modo di nobilitarla?

ritratto di Wu Ming 1

I quarti di nobiltà non esistono, esistono i quarti di bue ma...

commento di Wu Ming 1 (non verificato), 01/06/08 - 19:02

...la letteratura non è un animale al macello.

La letteratura "di genere" non ha bisogno di "nobilitazioni" in blocco; la nobilitazione non è che l'altra faccia della scomunica, e dentro la letteratura di genere, come dentro qualunque contenitore culturale, vi sono capolavori, opere valide, opere così così e schifezze madornali.
Salgari, Hammett, Chandler, Philip J. Farmer, Robert A. Heinlein, John Le Carré e Marayat Kramsaseddinsh Virajjakam (alias la scrittrice erotica "Emmanuelle Arsan") sono già "nobili" di loro e non necessitano del riconoscimento di alcuna autorità del Bello o del visto d'ingresso dei frontalieri del Canone Occidentale.

Detto questo, le opere NIE che ho elencato nel memorandum non sono attribuibili - se non con grandi forzature - a un particolare genere.

Che genere è quello de "L'uomo che volle essere Peron" di G.M. Bellu? Inchiesta giornalistica? Autofiction? Memorialistica? Romanzo d'avventura? Romanzo storico? Giallo? Alternate history fiction?

E che genere è quello di "Sappiano le mie parole di sangue" di Babsi Jones? Reportage? Autofiction? Diario di guerra? Saggio di controinformazione? Prosa poetica?

Nel memorandum ho scritto che non si può nemmeno più parlare di "contaminazione tra i generi", perché c'è una dimensione di radicale indecidibilità dello status di un'opera, che va oltre la semplicistica idea che si siano "miscelati" tra loro - per fare un esempio - romanzo di spionaggio e romanzo storico etc.

ritratto di Comir Nivogo

"L'individuo è il vero

commento di Comir Nivogo (non verificato), 09/06/08 - 07:40

"L'individuo è il vero erore": complimenti, bel lapsus.:>)C'è bisogno di rilassarsi, certo, prendersi una pausa, magari con Baricco (che, de gustibus, a me piace) c'è bisogno di un po' di .....caos calmo? Se c'è bisogno di rilassarsi è perchè ti fanno lavorare come un dannato (e dite di no, ogni tanto, quando vi chiedono gli straordinari!, dopo la prima volta è sempre più facile), per poi farti correre all'iper per la spesa, in fretta perchè bisogna passare a prendere Maria all'asilo per poi partire per il fine settimana al mare: tutto questo perchè ti hanno convinto che "l'individuo è il vero eroe". Ma sono milioni gli individui! E fanno tutti le stesse cose, vanno negli stessi posti (hai mai notato tutte quelle automobili intorno alla tua?, sono piene di eroici individui!), guardano la stessa TV (ometto il complemento di materia)e sono tutto tranne che eroi, ma sono persone normali con i loro normalissimi problemi che sognano di prendersi una pausa (una bella panchina davanti ad una scuola, perchè no), ma la pausa se la negano da soli perchè sono loro stessi i propri aguzzini, i propri, e quelli degli altri che gli stanno a fianco. Poi, chiaro, leggete e guardate quello che vi pare, vaffanculo (oops, mi è scappato!) ai censori, agli esperti di gusto, ai parolai primi della classe (Baricco ed Ammaniti però non mi sembra stiano seduti all'ultimo banco, ;>)).
Riguardo ad i massimimalismi, ho visto che cosa ci hanno portato: diritti sindacali, scuola, sanità, servizi, democrazia (...in fieri). Il culto dell'individuo ("l'erore"): beh, ci sto sguazzando fino al collo (e ogni giorno sale). Quello che per me (mediocre lettore distratto: leggo soprattutto sull'autobus o alla fermata dello stesso, andando a lavorare) caratterizza maggiormente, a pelle, la NIE, ammesso che esista, è proprio un orizzonte che non si ferma alla porta di casa, la volontà (stavo per scrivere il coraggio) di sporcarsi le mani ed il tentativo di far vibrare delle corde che una bella fetta della societ.. (pardon "gli eroici individui") che mi circonda cercano di tagliare. Spocchia intellettuale: io in officina, al mercato, sugli autobus vedo solo il risultato di individuali azzeramenti cerebrali (mentre chi prova a resistere molte volte lo fa appoggiandosi al bastone di qualcun altro, di cui a sua volta è bastone).

ritratto di Fred

"ma ognuno è libero di

commento di Fred (non verificato), 27/05/08 - 13:30

"ma ognuno è libero di scrivere e leggere quello che gli pare ma non torniamo a fare ideologia in mezzo ai libri..."

E poco dopo:

"i lettori non hanno bisogno di questo..."

Cioè ricadi a capo fitto nella cosa che criticavi. Di cosa abbiano bisogno i lettori lo decideranno i lettori, senza i tuoi sbuffi e i tuoi uffa. Se avranno bisogno di "rilassarsi", lo decidano loro, senza di te che lo dai per scontato.

"c'è troppo intellettualismo in giro nel nostro paese, troppa spocchia da primi della classe."

C'è troppa posa anti-intellettuale in Italia, e secondo le stime riportate da De Mauro ci sono quasi venti milioni di analfabeti di ritorno.

ritratto di LA

NIE SENZA STORIA?

commento di LA (non verificato), 30/05/08 - 17:22

domanda: é possibile "fare NIE" senza riferirsi alla storia (passata, recente o recentissima)?

ritratto di Anonimo

romanzi storici senza

commento di Anonimo, 30/05/08 - 17:23

romanzi storici senza storia??

ritratto di Frankie Teardrop

recentissima

commento di Frankie Teardrop (non verificato), 01/06/08 - 18:49

Se è "recentissima" non è mica storia, è praticamente cronaca. Tra i libri NIE è elencato anche Gomorra, che infatti non è un romanzo storico.

ritratto di Gabriele Ametrano

UNA RIFLESSIONE IN RITARDO

commento di Gabriele Ametrano (non verificato), 01/06/08 - 18:15

New Italian Epic, ovvero, la letteratura sottoposta alla potenza dei fattori pubblicitari, delle tecniche cinematografiche e del giornalismo.
Credo che il NIE sia un surrogato contemporaneo di forze comunicative estranee, o almeno lontane, alla letteratura.
Se nella creatività letteraria il postmoderno tendeva alla fiction del reale, e quindi una messa in scena della realtà, la NIE mi sembra si rivolga alla “realtà della fiction”, con valori puntati alla credibilità del giornalismo, allo sfruttamento di una invisibilità della telecamera e ad un linguaggio che in molti casi trova origine dall’astuzia pubblicitaria.
Non credo sia una rottura letteraria col passato ma intravedo in questa nuova narrazione una scissione con la letteratura stessa - da questo anche il difficile rapportarsi e catalogare gli oggetti indefiniti, ovvero UNO - a favore di una parallelo compromesso con effetti mediatici di altro tipo.

ritratto di Frankie Teardrop

cazzuto!

commento di Frankie Teardrop (non verificato), 01/06/08 - 18:45

Bello, hai emesso una sentenza, secca, maschia, cazzuta: colpevoli di estraneità alla letteratura. Surrogati. Ce la motivi anche, la sentenza, regalandoci magari qualche esempio? Ci spieghi quali sono i libri che hai letto e perché sono estranei alla letteratura? O sei già contento così?

ritratto di Gabriele Ametrano

un organo deviato

commento di Gabriele Ametrano (non verificato), 02/06/08 - 14:51

Hai ragione, motivo il mio intervento, che manca di autorità per essere una sentenza e d'incertezza per essere solo un commento.
iniziamo con la definizione. NEW ITALIAN EPIC dovrebbe essere la rottura con il postmodernismo ma compone la sua definizione con una debole spaccatura. L'epica è sempre esistita, anche nel senso a cui si riferisce Wu Ming 1 nel suo saggio, e quindi definire le nuove narrazioni (o la nuova corrente) Nuova epica italiana ha già qualcosa di poco convincente. Oggi le accademiche menti parlano di post-postmodernismo, di un passo oltre e contro la tendenza letteraria precedente ma mi sembra assurdo poter catalogare correnti odierne e trovare caratteristiche per esse quando ci si è ancora immersi dentro - la riflessione letteraria impone da sempre un certo tempo per teorizzare e decretare.
la mia affermazione nei riguardi del saggio di Wu Ming 1 e la NIE si fa strada in un'analisi sociologica e comunicativa a cui la letteratura si sottopone forzatamente. In tutto il saggio si teorizza con il passato senza fare i conti con il presente, anche se paradossalmente poi si parla di "futuro anteriore". Il passaggio che ho analizzato tra postmoderno e NIE descritto si sofferma sull'appropriazione di accorate emozioni, linguaggi e molteplicità di sguardi e punti di vista. credo che ciò sia, non un ritorno di acquisizione della letteratura, ma di un traslato creativo che ha come fonte la televisione, il cinema e il giornalismo. parlo della nuova tendenza di "realtà della fiction" in contrapposizione alla funzione postmodernista della "fiction della realtà", del nuovo gioco introdotto nei campi mediatici in cui si vuol dare fondamento ad una realtà che finora è stata solo finzione. come dare, quindi, verità a ciò che il pubblico considera finto? molteplicità di sguardi, invisibilità della posizione, verità delle emozioni. oltre a questi fattori: la necessità di rivolgere lo sguardo all'epopea della Storia, alle questioni irrisolte del passato italiano per collocarle in un immaginario di verità assoluta. è questa la volontà mediatica che già da alcuni anni ha preso piede: partire da una realtà esistente, sovraccaricarla di reale ed eliminare la faziosità o il senso parte. Paradossalmente ciò assume il gusto dell'inverosimile, "talmente inverosimile che deve essere vero".
le caratteristiche esposte nel saggio sulla NIE seguono queste caratteristiche già adottate dalle eminenze cinematografiche, dai creatori televisivi e (purtroppo) dai giornalisti, che in questo momento sono a caccia di storie e correlano i propri articoli di interviste molteplici.
- "Lo sguardo dello sguardo" cos'è se non una telecamera - e nell'esempio del testo di Genna è evidente
- La molteplicità di punti di vista non è una telecamera che si sovrappone ai vari protagonisti, anche inanimati?
- l'ucronia potenziale non rappresenta quello che già in tv ci presentano, ad esempio, nel programma "il bivio" di Ruggeri
- il linguaggio (e qui prendo in esempio i Wu Ming, come nel saggio) non è la tecnica pubblicitaria che richiama un immaginario complesso ma che all'apparenza è semplice e diretto
naturalmente questo coinvolge il pubblico, lo fa sentire a casa, davanti lo schermo, lo emoziona e lo fa sentire parte di un meccanismo reale.
Ho parlato quindi di surrogato, estraneità ad una vera componente letteraria, perchè credo gli "UNO" siano sottoposti all'influenza dei media primariamente e secondariamente all'intervento letterario. come dire: scrivo dopo e come vuole la televisione/il cinema/le notizie dei giornali.
è letteratura questa? a me sembra che sia solo un organo deviato del grande o piccolo schermo.

ritratto di Frankie Teardrop

Stilisti

commento di Frankie Teardrop (non verificato), 02/06/08 - 22:02

Saraà, ma leggendo Hitler di Genna nonmi sembrava di guardare la televisione...
E' interessante che invece su Libero" - l'ho letto al bar, non lo compro - dell'altro giorno un critico di cui non ricordo il nome accusava gli autori NIE di "iper-letterarietà" o qualcosa del genere. Diceva che gli scrittori tipo WuMing hanno il vecchio difetto della tradizione letteraria italiana, cioè vogliono essere "stilisti". Sarebbe bello vedere un dibattito tra voi due :)

ritratto di hitler

la verità è

commento di hitler (non verificato), 03/06/08 - 00:12

la verità è l'opposto...troppa sostanza e poco stile

dicono tutti così: "libero lo leggo al bar"
(e novella 2000 dal parrucchiere...)

ritratto di Frankie Teardrop

Termoli

commento di Frankie Teardrop (non verificato), 03/06/08 - 10:59

"la verità è l'opposto...troppa sostanza e poco stile"
Be' mettetevi d'accordo! e che è colpa mia se l'unico bar nella mia via è il bar di un fascistone? ragazzi sto a Termoli, mica a San Francisco. Se no perché mi firmavo "Franceschino Lacrima"? Qua c'è da piangere.

ritratto di redazione

SIC

commento di redazione, 03/06/08 - 02:45

qui il pezzo scritto dai nostri fondatori

http://www.carmillaonline.com/archives/2008/06/002663.html

ritratto di KZJ

Kiwi, proletariato cencioso, poiesis, tekné....

commento di KZJ (non verificato), 04/06/08 - 13:21

La discussione attorno al NIE è per ora, salvo rare eccezioni, a mio avviso, una discussione attorno alle intenzioni presunte o meno di wm1...
Mi chiedevo allora, non sarebbe meglio far parlare (anche) le opere? oltre alla teoria, all'ermeneutica e alle polemiche non sarebbe il caso di mettere insieme - chessò - una sorta di antologia di brani, una raccolta di racconti o una compilation... così per focalizzare...

Sulla questione borghesia ecc. Non nascondo la mano dopo aver gettato il sasso aggiungendo una postilla... semplicemente per mia esperienza personale (dovuta a un lavoro sul campo in molte fabbriche) ho riscontrato quanto detto sopra. L'operaio è il (piccolo) borghese di oggi. Molti come dice Roberto andranno alle presentazioni di Wu Ming, ma in base ai "transetti" che ho tracciato direi che sono una percentuale davvero minima. Di solito la preoccupazione principale è arrivare a pagare la rata del mutuo, della golf o della bmw serie 1 o della moto o del divano di pelle; giocare alla playstation (dipende dall'età naturalmente), procurarsi sky per seguire la champions league ecc. Questo a scapito del diritto di sciopero, per esempio... Un ora di sciopero e ti salta la rata.
Direi che se proprio devo individuare gli ultimi della situzione, li individuerei nei precari, vero e proprio Lumpenproletariat (con sogni borghesi naturalmente)... a cui gli stessi operai guardano come la borghesia guardava a loro eoni fa... insomma come diceva il filosofo Marilyn Manson, ognuno è il negro di qualcun altro...
Una cosa, fondamentale, mi sfugge però a che cazzo serve legare i kiwi?

ritratto di Wu Ming 1

Innesto

commento di Wu Ming 1 (non verificato), 04/06/08 - 13:47

J, attenzione a una contrapposizione manichea tra operai e precari: oggi, dopo undici anni di Pacchetto Treu e sei di Legge 30, moltissimi operai *sono* precari. Nell'industria sono tantissimi i contratti a tempo determinato e interinali. E aggiungo che, nello stato in cui versa l'industria italiana e con i trasferimenti degli impianti in Europa dell'est o in Cina, anche i presunti operai "garantiti", col contratto a tempo indeterminato, sono di fatto precari. Non si contano quelli in cassa integrazione, che è una condizione da spada di Damocle. Occhio alle antinomie e coppie di opposti, ché la "guerra tra poveri" la fomentano già i padroni.

Nel tronco del kiwi, come accade per tutti gli alberi da frutto, si "innestano" gemme per moltiplicare il numero di frutti. E' un trapianto. Con un coltello si pratica un'incisione a T, sotto la corteccia si infila la gemma, e la si lega con un elastico in attesa che si fonda totalmente col tronco. Questo tipo di innesto si chiama "a occhio" (o "a gemma"). Si fa d'estate, quando la pianta di kiwi è alta poche decine di centimetri, il che significa che devi percorrere filari di cento metri e più stando piegato in avanti, sotto il sole, con un sacchetto pieno di elastici a forma di orologio, e legare le gemme che l'incisore ha infilato nelle piante. In una giornata usi anche duemila elastici, te li sogni pure di notte, anche a stagione finita. A volte li sogno ancora, quei dannati gommini, e sono passati vent'anni. Ed è un lavoro che massacra la schiena.
Qui la voce "innesto" su wikipedia:
http://it.wikipedia.org/wiki/Innesto

ritratto di KZJ

Sono consapevole di quanto

commento di KZJ (non verificato), 04/06/08 - 13:57

Sono consapevole di quanto dici... il fatto sconvolgente è che né il sindacato né gli operai "garantiti" lo sono e non muovono un dito per i precari che dal canto loro, non possono fare quasi nulla vista la situazione ricattatori in cui si trovano.
Credo ci sia un male incurabile in fabbrica, per quanto ho notato io: l'incosapevolezza...

ritratto di saverio

OPERAIO!? A ME ? MA COME SI PERMETTE!

commento di saverio (non verificato), 11/06/08 - 19:39

Giusto per essere sgradevole al punto giusto mi autocito, estrapolandomi un pezzetto da un articolo che mi ha chiesto Piero Neri Scaglione, uscito questo mese su GQ tra modelle brasiliane e Lapi Allappati Infarinati. Lapi e scherzi a parte è meritevole che una rivista di questo gener mi abbia chiesto questa indagine, senza tagliarmi una virgola.

" I produttivi a tempo indeterminato sono "i nuovi privilegiati". E' LA MIDDLE CLASS AZIENDALE che stanno massacrando... con l'effetto secondario e indesiderato di inscenare una grottesca giustizia proletaria, deforme e fuori tempo massimo.
...

Gli ingegnerini sono più poveri. Hanno perso tempo negli studi. Conoscono il senso di termini come just-in-time, ma sono ancorati ai mille euro."

Insomma è tutto molto confuso, in sommovimento, ma narrativamente stimolante. La catena di montaggio ha un che di epico...

s.

ritratto di KZJ

ah e poi

commento di KZJ (non verificato), 04/06/08 - 13:53

Il senso di quanto detto giorni fa era. Sì d'accordo, ma il referente di tutta la riflessione sul new italian epic chi è?
Un ristretto gruppo di persone (rispetto ai lettori in Italia)... se poi allarghiamo l'orizzonte, visto che la maggior parte della popolazione mondiale è intenta a costruire case di fango, pregare o oliare un kalashnikov...
A che pro insomma?
Personalemente sono affascinato e coinvolto dalla cosa, sono affascinato da certi meccanismi, che simimilmente a quelli del cinema portano in determinati periodi alla produzione de l'ultimo bacio e cloni vari a quella de il divo e gomorra...
Ma il referente sono io, le persone che scrivono qui, su Carmilla, e in luoghi analoghi... Un élite... insomma ci stiamo facendo le seghe a vicenda, o no?

ritratto di Wu Ming 1

Contro l'accidia che divora il mondo

commento di Wu Ming 1 (non verificato), 04/06/08 - 14:10

A che pro scrivere libri? Soltanto una minoranza di persone li legge.
A che pro scrivere? Un sacco di gente non sa (più) leggere.
A che pro usare la rete? Secondo l'ONU il 50% della popolazione mondiale non ha mai fatto una telefonata in vita sua.
A che pro fare cultura? Il pianeta precipita nella barbarie.
A che pro discutere, confrontarsi, unirsi? Alla fine ognuno muore da solo.
A che pro vivere? Su sei miliardi di persone, sono pochissimi quelli che mi conoscono. E tra quelli che mi conoscono, sono pochissimi quelli a cui sono legato affettivamente.
Io rispondo che vale la pena, sempre. Vale la pena perché le minoranze, le lingue minori, le letterature minori (in senso deleuziano), anche le marginalità, queste sono esperienze preziose, perché da lì partono gli sguardi problematici e non pacificati, senza i quali non si mette in questione il senso comune, non si perturba il potere, non si elabora un senso del futuro.
Senza questo lavoro culturale, l'accidia divora il mondo e la vita è immensamente più povera.
Per adesso, direi che il primo referente sono le ventimila persone che hanno scaricato (e si spera letto) il memorandum.

ritratto di KZJ

masso

commento di KZJ (non verificato), 04/06/08 - 14:21

Dobbiamo considerare Sisifo come un uomo felice...

ritratto di KZJ

C'è anche un elemento

commento di KZJ (non verificato), 04/06/08 - 14:39

C'è anche un elemento personale però da non sottovalutare... nel mio caso, l'ho già scritto altrove, molte delle mie motivazioni coincidono, banalmente, con quelle di Cioran:
Scrivere, per poco che sia, mi ha aiutato a passare da un anno all'altro, dato che le ossessioni espresse sono affievolite e, per metà, superate. Produrre è uno straordinario sollievo. E pubblicare non meno. Un libro che esce è la tua vita o una parte della tua vita che ti diventa esteriore, che non ti appartiene più, che ha cessato di opprimerti o logorarti. L'espressione ti diminuisce e impoverisce, ti solleva dal peso di te stesso, l'espressione è perdita di sostanza e liberazione. Essa ti svuota, dunque ti salva, ti priva di un sovraccarico ingombrante.

ritratto di Wu Ming 1

Il golf

commento di Wu Ming 1 (non verificato), 04/06/08 - 14:45

Siccome con la struttura ad albero non si capisce bene: il "BUM!" qui sotto era la battuta di commento alla frase su Sisifo, non a quest'ultima osservazione. E' chiaro che qui siamo sull'esperienza soggettiva, interiore, personale dello scrivere. Altro campo da golf, rispetto alle valutazioni su un agire nel mondo e un ottenere risultati.

ritratto di Wu Ming 1

BUM!

commento di Wu Ming 1 (non verificato), 04/06/08 - 14:42

Se tutto è inutile e insensato, allora la conclusione da trarre è: abbandoniamo questa valle di lacrime.
Vai avanti tu, però. Io mi faccio due conti e vedo se seguire il tuo esempio, anche se, ora come ora... mi sa di no.
Comunque, se la tua obiezione di fondo al mio memorandum sul NIE è che nulla serve a niente, la vita è irredimibile, nessun risultato positivo è conseguibile, a me viene in mente l'andare a caccia di passeri coi missili terra-aria. E infatti, dentro di me, sento risalire un "BUM!" :-)

ritratto di KZJ

ferro 3

commento di KZJ (non verificato), 04/06/08 - 16:36

Veramente il mio commento, esoterico lo ammetto, su Sisifo sottindeva prorpio il contrario. Alla fine nonostante l'insensatezza possiamo considerarci felici.
Io sono già andato avanti e sono anche tornato indietro, proprio come Sisifo e continuerò a spingere il masso. È la consapevolezza (illusoria anch'essa lo ammetto) di cercare di capire quello che faccio che mi rende il compito accettabile e perché no, come nel caso di pensare su e attorno al New Italian Epic, piacevole.

Per quanto riguarda le motivazioni personali dello scrivere, non ritengo siano bandierine di un altro campo da golf, semplicemente assieme a quelle che elenchi tu, fanno parte di un bel percorso da 18 buche. (molto divertente anche seguire traiettorie impossibili e ritrovarsi a scavare con la mazza in buche di sabbia o a scandagliare laghi e laghetti fuori percorso)

E poi, che ne pensi dell'ipotesi di raccogliere materiale "epico"? Forse è ancora presto ma, sempre forse, aiuterebbe a fare ulteriore chiarezza...

E infine i libri di Van de Sfroos e Buttafuoco dove li mettiamo?

PS
Ma sto maledetto sistema ad albero non si può sistemare in un altro modo?

ritratto di KZJ

Ma che cazz... continuo a

commento di KZJ (non verificato), 04/06/08 - 17:01

Ma che cazz... continuo a mangiarmi le parole oggi sono disgrafico

ritratto di Wu Ming 1

Nandro

commento di Wu Ming 1 (non verificato), 05/06/08 - 08:56

Stiamo preparando un Nandropausa DA PAURA.
Sulle opere e le lettura comparate noi ci siamo già, il nostro focus è sempre stato lì. Il focus sulle mie intenzioni lo hanno tenuto gli altri :-) Un lavoro comunitario di "antologizzazione" dal basso è in effetti interessante.
Van de Sfroos e Buttafuoco non li ho ancora letti. Chi li ha letti si esprima.

ritratto di KZJ

Un'antologia dal basso e vecchi merletti

commento di KZJ (non verificato), 05/06/08 - 10:16

Van de Sfroos mi incuriosisce (i suoi libri, non lui, ovvio) anche se per ora mi sono limitato a spiluccare... mentre per Buttafuoco direi che ci sono molti punti new italian epic in quello che scrive. Certo la sovversione "nascosta" di linguaggio e stile non è né nascosta né sperimentale ma semplicemente barocca e (forzatamente) dannunziana...

Un'antologia dal basso, in rete e liberamente scaricabile, open source e in progress non sarebbe affatto male. Oltre all'espansione e all'esplorazione del NIE dal punto di vista "pratico", ci sarebbe da considerare anche a un altro aspetto, secondario, ma non così remoto.
Ora che il noir sta tirando la corda, il NIE potrebbe rappresentare per qualcuno un'ottima occasione da sfruttare senza troppi convenevoli.
Si potrebbe giocare d'anticipo su qualsiasi casa editrice alla ricerca di un nuovo "cannibali" da gettare senza criterio in pasto al mercato...
Dal mio punto di vista, si tratterebbe di un vero e proprio cantiere a cielo aperto.

Una cosa interessante da esplorare in questo modo potrebbe essere, non l'omogeneità e l'aderenza ai punti elencati da Wm1, quanto la differenza (micro o macroscopica) tra le varie opere. È, forse, tra gli interstizi che separano le narrazioni che si potrebbe rintracciare il quid che, più o meno, consapevolmente ha portato molti verso l'"attitudine" epica, attraverso e oltre il postmoderno.

Nel caso si aprissero i lavori bisognerà fare attenzione a una cosa fondamentale : guai a piegare le narrazioni verso il “protocollo” NIE. Pena la riduzione dell’intera riflessione a sterile etichetta. Ma questo, credo, va da sé.

ritratto di peterpoe

Anobii

commento di peterpoe, 06/06/08 - 12:12

Si può sempre creare un gruppo "New Italian Epic" su Anobii.com.

ritratto di KZJ

si può provare... o si può

commento di KZJ (non verificato), 06/06/08 - 13:15

si può provare... o si può utilizzare il gruppo già in uso..
O si può aprire un wordpress, o se vogliamo possimao usare il sito romanzototale.it
ma prima di tutto bisogna capire cosa si vuol fare...
Forse partirei con una raccolta di brani da vari romanzi

ritratto di Wu Ming 1

Connettivisti

commento di Wu Ming 1 (non verificato), 04/06/08 - 15:09
ritratto di Antonio

binari letterari

commento di Antonio (non verificato), 08/06/08 - 14:13

vorrei fare un commento sul new italian epic partendo non da lontano ma dalla parte opposta.
Tiziano scarpa, su 'il primo amore', ha descritto quel genere di romanzi, riportati sul saggio di wu ming 1, come "romanzi di eccellenza". Da altre letture fatte su Scarpa si comprende il suo pensiero sulla letteratura, vista come un continuo straripare, andare oltre, mutare in continuazione. E' chiaro che anche lui vuole uscire dalla paccottiglia del postmoderno. e su questo vorrei discutere. E' chiaro che wu ming e scarpa non si amino ma che hanno fini come comuni questo si. vogliono ridare entrambi potere alla parola letteraria e non. Chiaro che fini identici non vuol dire risultati, e mezzi, uguali. l' ho buttato giù in fretta e di cuore. scusate per le mancanze che non ritarderò a colmare. grazie

ritratto di Massimo Vaj (oroboros)

Quello che ha preso lui

commento di Massimo Vaj (oroboros) (non verificato), 27/06/09 - 05:58

Catalogare caratteristiche e intenzioni di uno scrivere generazionale ha senso per gli storici dello scrivere, non per chi scrive. È manovra da tranviere ubriaco suggerire cosa è "trendy". Lo stile e l'intenzione non possono essere collettivi, come non deve esserlo anche il buon gusto e la creatività. Tutto ciò che è schematizzabile ha perduto il suo fine pregiato prima ancora di avere inzozzato un foglio. Il vezzo di catalogare lasciatelo agli impiegati di montecitorio, ne guadagnerete in prestigio e lo farete in quantità industriale, anche se non più come manovalanza collettiva da formichine del "non senso".

ritratto di Gino Mancini

Hum

commento di Gino Mancini, 08/02/10 - 11:44

Praticamente si tratta di raggruppare un genere narrativo che io, personalmente, eviterei più di altri. Sarà che per me, in relazione al punto 1, l'ironia e il sarcasmo sono importantissimi. casino online