SIC Blog → Intervista ad Andrea Angiolino

Proseguendo nella nostra indagine sulle intersezioni, convergenze e disseminazioni culturali intorno alla scrittura collettiva – qui Vanni Santoni sui giochi di ruolo – abbiamo chiesto ad Andrea Angiolino, scrittore e inventore di giochi, di parlarci della sua attività:

 

1) Una presentazione di Andrea Angiolino per i nostri lettori.

Nato a Roma nel 1966, ho sempre vissuto qui anche se ho una base a Capranica, nel Viterbese: una casetta dove accumulo tutti i miei giochi, i miei libri e le mie riviste. Che non sono pochi, proprio perché le mie tre attività principali sono quelle di autore di giochi, di giornalista e di scrittore, con qualche parentesi da traduttore e curatore.

Come autore di giochi ho spaziato in un po' tutti i campi: dal gioco da tavolo e di carte a quello di ruolo e ai libri-gioco, dai giochi per riviste a quelli per computer, dai giochi radiotelevisivi ai giochi a concorso. Quando ho l'ispirazione faccio giochi non richiesti che poi propongo ai vari editori, i quali li pubblicano e distribuiscono sul mercato italiano ed estero: tra gli ultimi successi c'è Wings of War, un gioco di carte e più recentemente anche di miniature dedicato agli assi della prima guerra mondiale. Ideato con Pier Giorgio Paglia, è pubblicato da Nexus Editrice e tradotto finora in una dozzina di lingue. Spesso invece faccio giochi su commissione, finalizzati alla comunicazione o alla pubblicità: tra i più recenti una caccia al tesoro online per il lancio della nuova Twingo e "Fair play", creato per Pangea - Niente troppo e altri operatori del commercio equo e solidale di cinque paesi, finalizzato a divulgare i problemi ecologici ed etici legati alla produzione del cotone.

Scrivo poi libri e collezionabili da edicola: in buona parte sui giochi, ma anche di divulgazione in altri campi. Per Giunti Progetti Educativi ho per esempio realizzato alcuni volumetti per ragazzi sui temi più diversi, dalla New Economy ai terremoti, dal risparmio energetico all'attività della Protezione Civile. A tema ludico ho appena pubblicato "101 giochi con carta e matita" (edizioni Sonda), uno dei repertori più ricchi su questo tema. Tra i collezionabili spiccano una storia della penna a sfera pubblicata con Fabbri in 45 fascicoli e qualche contributo al recente "Scrivere" realizzato da Scuola Holden e De Agostini, ora riproposto in volumetti da La Repubblica e L'Espresso. Mi piace inoltre scrivere racconti, soprattutto a carattere fantastico: ho collaborato a diverse antologie. Inoltre ho compilato un'enciclopedia del fantastico mondo di Warhammer trattato come se esistesse davvero, per un collezionabile a fascicoli di una dozzina di anni fa: è forse la più ampia opera di finzione che io abbia mai dato alle stampe.

In quanto alle riviste ho scritto di parecchie cose, tutte alquanto futili: come appunto il gioco ma anche il collezionismo e la preservazione dei vecchi aeroplani.

 

2) Qual è il tuo lavoro nell'ambito della scrittura collettiva?

Molte delle cose che faccio sono a quattro o più mani: ho per esempio realizzato giochi di ruolo con una squadra di cinque autori. Ultimamente ho poi iniziato a collaborare con la Carboneria Letteraria, in cui il progetto di scrittura si fa decisamente collettivo: abbiamo pubblicato una piccola antologia intitolata "Primo incontro" con le edizioni Centoautori di Napoli e ci stiamo ora lanciando in progetti più impegnativi, tutti basati su un impianto stabilito collettivamente e su racconti scritti talvolta singolarmente, talvolta in gruppo.

La cosa più originale di cui mi occupo, in questo ambito, è comunque la scrittura di libri-gioco: quella forma di racconti a bivi in cui ogni tanto la storia si interrompe e chiede al lettore di effettuare una scelta, affinché la vicenda possa proseguire in maniera diversa continuando la lettura a paragrafi o pagine differenti. Sono stato il primo autore italiano a pubblicare un libro di questo tipo a cui sono seguiti diversi altri, scritti con vari coautori: questo anche perché, a seconda dei casi, le mie capacità ludiche sono state integrate dalle preziose conoscenze di coautori come l'archeologa Francesca Garello per un'avventura nell'antica Roma, lo storico aeronautico Gregory Alegi per un libro-gioco sugli aerosiluranti della seconda guerra mondiale, il capo scout Pier Giorgio Paglia per una storia a bivi di ambientazione scoutistica. Tutti coautori che sono peraltro assai esperti di giochi, ma con ulteriori competenze in campi specifici che a me mancano.

Su questa curiosa forma di narrazione interattiva ho anche pubblicato due manuali, "Costruire i libri-gioco" per le edizioni Sonda e il più agile "Come scrivere un libro-gioco" per De Agostini. Nel manuale della Sonda racconto tra l'altro le mie esperienze di scrittura collettiva durante le quali ho realizzato racconti-gioco in scuole di vario ordine e grado, con classi intere di ragazzi o anche con gruppi di insegnanti interessati poi ad applicare il mio metodo lavorando a loro volta con i propri alunni. Il bello dei racconti-gioco è che quando si scrive una storia lineare, tradizionale, e si lavora in gruppo, occorre di norma scegliere uno solo dei possibili sviluppi della trama e tralasciare invece tutti gli altri. In un libro gioco, invece, si possono recepire più idee contemporaneamente, ramificando il racconto: sarà poi il lettore a decidere quale utilizzare a ogni lettura. L'esperienza di scrittura si fa così più coinvolgente e meno frustrante per tutti.

 

3) Qual è secondo te l'utilità didattica della scrittura collettiva?

Trovo che unire la fantasia con la necessità di condividere il processo creativo sia doppiamente utile: da un lato si esercitano la fantasia e la capacità di scrivere, ma dall'altro anche tutte le qualità necessarie a lavorare in gruppo, a costruire assieme. Un'arte fatta di capacità di coordinamento ma anche di apertura mentale, cortesia, diplomazia, compromessi. Ritrovare qualcosa di proprio nel testo finito è sicuramente fonte di soddisfazione e stimolo a proseguire sulla strada della creatività, ma rendersi conto che il risultato finale è più ricco ed eventualmente anche meno faticoso da raggiungere grazie al contributo degli altri è una lezione di vita che vale in parecchi altri campi.

 

4) Ti interessano i risvolti artistici della scrittura collettiva? Quali potenzialità ci vedi?

Anche se per ora ho scritto poco di narrativo e in qualche modo artistico, e ancor meno a più mani, sono estremamente incuriosito e interessato: per questo ho aderito prontamente all'invito della Carboneria Letteraria e mi lasco coinvolgere nei suoi esperimenti.

Ma il mio interesse è di vecchia data, se pensiamo ad alcune espressioni della letteratura di genere. Da quasi trent'anni mi occupo di giochi di ruolo e altre forme di "letteratura interattiva", in cui i giocatori contribuiscono tutti alla formazione di una storia collettiva: la quale a volte assume la forma di racconto, come nel recente "L'erede del Grifo" nato sul forum di Lux in Tenebra con meccanismi e dinamiche da gioco di ruolo fantasy ma già fin dall'origine con il fine esplicito di produrre un romanzo collettivo.

Negli squattrinati anni della mia giovinezza ho comprato il mio primo motorino (sia pure usato) traducendo in italiano le antologie del Mondo dei Ladri, che il curatore Robert Asprin ha organizzato come una sorta di gioco fra gli scrittori anglosassoni di fantasy e fantascienza proponendo loro un'ambientazione condivisa e dando a ciascuno i personaggi ideati dagli altri da utilizzare come comparse nel proprio racconto, creando così una galleria di figure di inusuale ricchezza. E proprio dalla voglia di sfidare al limite i vincoli imposti sull'uso dei personaggi altrui, immodificabili e non "ammazzabili", sono nate in maniera assai ludica alcune intriganti situazioni narrative.

Del resto i libri-gioco, prima di essere prodotti, sono stati teorizzati ed esemplificati dal'Oulipo, l'Opificio di Letteratura Potenziale, cui appartenevano tra gli altri Perec, Queneau e Calvino. Anche la letteratura "alta" ha una plurimillenaria tradizione di vincoli e altri elementi giocosi fra acrostici, bisticci e giochi di parole. Io penso che se si accentuano gli aspetti più giocosi della scrittura collettiva, che può averne parecchi e diversificati, il processo si fa più interessante e anche divertente. La speranza è che poi i risultati prodotti siano comunque considerabili di qualità, indipendentemente dal processo adottato per crearli: ma anche da questo punto di vista si può auspicare che la capacità autocritica e di rifinitura di una collettività possa garantire livelli almeno pari, se non superiori, a quella di un singolo.