SIC Blog → Nell'acquario di Facebook: intervista al gruppo Ippolita

Era il 2007 e stavamo muovendo i primi passi nel mondo della scrittura collettiva, quando fummo invitati a un interessante summit in quel di Milano, dove avemmo il piacere di conoscere il gruppo Ippolita, ai tempi autore di due importanti saggi collettivi, Open non è free e Luci e ombre di Google. Oggi il gruppo Ippolita è tornato in libreria con un nuovo testo, Nell'acquario di Facebooknoi lo abbiamo intervistato. E siccome Ippolita è un fiume in piena, facciamo in stile Collettivomensa e mettiamo direttamente le risposte.

Il nostro nuovo libro nasce dal rifiuto dell’ansia da prestazione.  Siamo gente che prende le cose con calma. Tra Luci e ombre di Google e L’acquario di Facebook sono passati cinque anni. Abbiamo viaggiato alla ricerca dei nostri cervelli in fuga (ovviamente senza trovarli) tenendoci legati l’un l’altro tra Helsinki, Shangai, Palermo, Lione, Copenhagen. «Veloci, creativi, connessi un par di palle» ci dicevamo, beccarci di persona, avere il tempo di scazzare seriamente, di dirci le cose guardandosi l’anima dal buco del culo è diventato via via non solo parte di un metodo, ma anche il cuore del libro. Che alla fine è un libro sull’amicizia, sulla techne e l’etica dei legami sociali. Ovvero sull'estetica: nel senso della percezione e della capacità di valutare ciò che ci piace in maniera articolata.

Abbiamo osservato (scoprendone le cicatrici sulla nostra stessa pelle) il passaggio da società di tipo disciplinare a società della prestazione. Questa nuova fase è contraddistinta dalla scomparsa della dialettica della negatività e del conflitto. Siamo costrette a dire «Mi piace» su una foto che ritrae corpi di bambini morti in Palestina. Gli strumenti del comunicare sono diventati strumenti dell'esibire, e se non ti piace puoi solo tacere, scomparire.
Il soggetto di prestazione è imprenditore di se stesso su scala globalizzata. Perennemente occupato nell'autopromozione di sé. Al divieto, all’obbligo, alla legge che caratterizzava il soggetto d’obbedienza si è sostituito il progetto, l’iniziativa, la motivazione (yes, we can!). Il positivo ha saturato il continuum spazio-tempo, creando una bolla, una sorta di acquario dove il conflitto si diluisce fino alla sussunzione totale. Ogni momento di crisi, anzi La Crisi stessa deve essere introiettata come motore del cambiamento, la performance deve essere costante (always on).

È difficile star dietro alle aspettative, ma piuttosto che fare dell’inettitudine uno stile di vita, e della depressione per manifesta inadeguatezza un destino condiviso, abbiamo deciso di restituire al mittente questa bell’immagine di apocalisse che ci regala ogni giorno il turbo-capitalismo. Rifiutiamo la dialettica winner (da confermare a ogni istante) – loser (lo spauracchio del fallimento) e ci concentriamo sugli spazi dialogici, le pieghe, gli interstizi. Non è un programma di ripiego, è una questione di stile. Risolutamente minoritario.

Quindi? Quindi i metodi. Abbiamo cominciato a prenderci del tempo per riflettere, per leggere dei libri (tanti libri). Il che ovviamente ha significato anche rifiutare alcuni lavori ben pagati. L’anonimo conviviale dice: «scrivere è un po' come scopare: poi ti vien voglia di mangiare. Per poter continuare a scopare, s'intende. È una questione di ritmo.»
La descrizione del nostro metodo ha tre piani che si intersecano: il piacere (convivio), la mappa (cartografie), le tecnologie (software di scrittura collettiva).
È vero che scrivere per noi è un po’ come mangiare e scopare.
Si tratta di compiere delle operazioni ecologiche, di creare una nicchia di benessere (fisico e immaginario) dove incontrarsi. Nei nostri libri esploriamo l’informatica del dominio; per sostenerne il peso, per scrivere dei testi che siano azione diretta e non pippe solipsistiche, abbiamo bisogno di stare bene, di godere. Evitare il cinismo è uno degli esercizi più difficili. Scopare, ridere e fare gli idioti è sempre molto utile. Alla fine non so bene cosa sto mangiando, ma è sicuramente vegan, non so cosa sto scopando, probabilmente un insetto queer, non so chi ha scritto cosa, perché io sono te mentre parli e tu sei lei mentre scrivi e insieme ad altri vediamo il codice di tutta l’operazione auto eseguirsi. Un po’ convivio un po’ macchina desiderante. Nell’ultimo volume il soggetto parlante è declinato sia maschile/femminile, sia plurale/singolare.
Il metodo è interdisciplinare e cartografico, in classico stile nomadico: grande senso dei territori e nessuna patria. Si lavora per mappature, si meticciano lingue e materie di studio, sia per necessità divulgative sia per pura frivolezza tattica. La noia è sempre in agguato.
Disegniamo abbastanza. Nel primo libro, Open non è free, sono state incluse alcune mappe grafiche. Certe volte ci intervistiamo, altre ci traduciamo. Spesso ci diamo dei colori per scrivere (io sono mr.Orange).
Dal punto di vista tecnologico abbiamo usato varie piattaforme, wiki e non, una l’abbiamo anche scritta direttamente, si chiama Riso, non la usiamo più da anni, ma è scaricabile dal nostro sito.
Il dettaglio del metodo di scrittura, anche a livello di analisi dei processi di sociopotere ed evoluzione di competenze, è analizzato in Scritture conviviali. Tecnologie per partecipare, cap. IV – Anatomia di una scrittura

Traduttori, fiancheggiatori e complici conosciute per la via ci hanno consentito di far circolare i nostri testi in altre lingue e luoghi. Anche loro sono parte del metodo di scrittura e ricerca. Collaborazioni e scambi sono benvenuti.

Ultimo ma non meno importante: esplorare territori di confine. Un'altra declinazione del limite come spazio possibile per germogli di autonomia. Scrittura è anche scrittura dei contratti, rapporti con gli editori, pubblicazione, promozione, distribuzione. E formazione rispetto a quello che s'impara. Con Elèuthera giocavamo in casa: una piccola, solida casa editrice libertaria. Qualità. Con Feltrinelli, il confronto si è spostato sui numeri: percentuali di sconto, tempi e modi di distribuzione, vendita diritti, ecc. nel complesso ne siamo usciti ancora più convinti che la qualità di scrittura c'entra poco con i risultati di vendita, in particolare nella saggistica. Luci e ombre di Google continua a vendere in tascabile in Francia e Spagna, mentre in Italia non è più disponibile: misteri dei «grandi» editori, interessati solo ai «grandi» numeri. Con l'ultimo testo abbiamo deciso di differenziare: in Francia un grande editore, in Spagna un neonato editore militante, in Italia autoproduzione e sperimentazione dei canali digitali. Nessun editore sarebbe stato in grado di garantirci la pubblicazione contemporanea in tre lingue: eppure, dato l'interesse globale degli argomenti trattati, non sarebbe intelligente pensare a modelli di distribuzione-promozione il più possibile autonomi, utilizzando le reti di affinità già esistenti? Il prossimo passo potrebbe essere l'inglese, ovvero scrivere direttamente nella lingua imperiale. Nel frattempo le presentazioni dei libri si sono trasformate in atelier-workshop di autodifesa digitale, molto più piacevoli rispetto all'ingessatura delle presentazioni classiche. E intanto, Nell'acquario di Facebook è disponibile in digitale e cartaceo in varie formule, in corso di traduzione in nuove lingue, e questo per Ippolita è una grande soddisfazione.