SIC Blog → SIE (Sic Italian Epic?)

Ieri io e peterpoe abbiamo dedicato l’intera nottata all’editing del Racconto #5, “Notturni per supermercato.” Siamo andati a letto al mattino, distrutti: il sonno è sopraggiunto subito profondo ma, verso il primo pomeriggio, la luce che si faceva strada dalle imposte chiuse male, e il brusìo assordante dei turisti del centro che nei giorni di festa filtra sempre dalle imposte, che siano chiuse o aperte, mi ha trasportato in uno stato febbrile di sogno.
Per quella scienza infusa che si ha talvolta nei sogni, sapevo di trovarmi in Westfalia, in una città di medie dimensioni; all’inizio pensai a Bochum, ma il fatto che ci trovavamo in pianura mi disse che ero a Münster. Nella piazza della cattedrale di San Paolo pascolava un branco di pony. Mi parve inusuale, ma avevo troppa fretta per pensarci. Non sapevo perché, ma avevo una fretta del diavolo. Ne capii la ragione un attimo dopo, o almeno: un attimo dopo trovai una buona ragione per avere fretta. Dal fianco invisibile del branco sorse un’orda fantastica di lancieri e arcieri a cavallo. Avrei detto che fossero cheyenne, viste armi e cavalcature, eppure sapevo che erano irochesi. Alla loro testa, un uomo vestiva un’impeccabile mise da cowboy. Mi sarei potuto aspettare il volto Gary Cooper, e invece sotto la tesa scorsi quello di Cary Grant. In breve fui circondato. Gli indiani tirarono fuori da chissà dove gabbie di ferro e tenaglie arroventate, con la chiara intenzione di torturarmi. Mi sono svegliato di soprassalto, e per qualche inesplicabile ragione ho sentito il bisogno di scrivere questo post, che parte da tre punti:

  1. Il New Italian Epic. Ammettiamo che esista. Quello che penso delle categorie l’ho detto (frettolosamente) nei commenti del post precedente. Tuttavia, dal momento che la mia principale critica ruota intorno al fatto che la categoria creata da WM1 trova giustificazione solo nelle opere selezionate, e viceversa (ovvero: lo sguardo è un po’ troppo selettivo e orientato al fine), è sufficiente non uscire dal seminato tracciato da WM1 per ammettere che – o almeno: giocare con l’idea che –  il NIE esista. E anche se non esistesse, nulla vieta di provare ad applicare quelle categorie a un’opera e vedere se è possibile includerla nel NIE o meno.
  2. Senza Wu Ming probabilmente non esisterebbe la SIC: anche se la suggestione SIC nasce da tutt'altri mondi (specificamente: la collaboratività telematica e la narrazione collettiva dei giochi di ruolo), e quando abbiamo impostato il metodo non avevamo letto le opere dei WM (solo io avevo cominciato Q), è evidente che è il lavoro degli Wu Ming ad aversi suggerito che il lavoro collettivo, in letteratura, può produrre risultati. Senza questo esempio concreto di fattibilità la SIC probabilmente sarebbe rimasta solo una fantasia, e io e peterpoe ci staremmo solo dedicando a opere individuali, che è poi la nostra vocazione originaria. Per questo, se un WM scrive un saggio e anzi viene qui a dibattere, ci sentiamo in dovere di non chiudere troppo presto la questione, anzi applicarla subito al nostro lavoro (questa alta considerazione vale tanto per peterpoe, che è quello pacato e saggio dei due, che per me, che mi diverto molto di più a buttarla là e fare arrabbiare la gente ^_^).
  3. Un paio di amici mi hanno detto: “guarda che Alba di Piombo (il quarto Racconto SIC, N.d.R.) è assolutamente NIE!”

A partire da questi punti, senza prenderci troppo sul serio (siamo pur sempre figli degli anni ’90 essendoci formati in quel periodo), passo a vedere se, dove e quando le opere SIC finora pubblicate possono essere ascritte al NIE (ammettendo naturalmente che un racconto possa far parte della  categoria, pensata per i romanzi o al massimo per gli UNO).
Oltre a Il Principe, Un viaggio d’affari e Alba di piombo, includerò nell’analisi anche Notturni per ipermercato, il Racconto #5 il cui editing abbiamo da poco terminato e che presto sarà online.
Per fare riferimento alle categorie utilizzerò i titoletti che WM1 ha dato nel saggio e i mini riassunti di peterpoe, onde permettere anche a chi non ha ancora letto il saggio di capire che cosa sto dicendo.
 

1. Don't keep it cool-and-dry - Rifiuto del tono ironico tipico della narrativa postmoderna, in favore di un etos accorato e partecipe. 

In “Alba di piombo” la caratteristica #1 emerge chiarissima. Benché l’opera sia volutamente esorbitante e per certi versi pop, pulp, postmoderna (buon dio…), e la suggestione da cui siamo partiti fosse “scrivere un racconto d’azione che stia al ’77 come Rambo sta al Vietnam,” non c’è alcun tono ironico. Ci si diverte MA ci si piglia sul serio.
In “Il Principe” e “Un viaggio d’affari” lo scenario è contemporaneo, entrambe le storie giocano sull’assenza di percezione di senso e sulla precarietà esistenziale dell’uomo della società contemporanea (a voler fare un passo indietro si può intravedere l’ombra di Simmel e Durkheim), ma in entrambi casi l’humour distaccato con cui spesso, altrove e in anni recenti, sono state affrontate queste questioni (specie quando calate in ambienti quali supermercati-uffici-stazioni-appartamenti di periferia-bar, etc.) è assente. Non ci si perde dietro allo scenario potenzialmente assurdo, ma si sta addosso al vissuto e al dramma del personaggio, comunque vada.
Questo avviene anche più fortemente in “Notturni per ipermercato” del Gruppo Scrittura #5 (DA Grigolini – GS Forlini/Giannini/Battaglini/Sacco/Pizzutelli): uno sterminato centro commerciale si presta enormemente a considerazioni postmoderne (nel senso espresso da WM1) eppure gli autori scelgono la strada più difficile, quella di stare subito dietro gli occhi dei personaggi e trasformarlo in luogo metafisico. Anche in fase di editing (editor: Magini/Santoni) abbiamo scelto di valorizzare questa scelta e tagliare ulteriormente tutti quei passi dove si fa (facile) ironia sulla società dei consumi e sull’inevitabile alienazione che genera per “spingere” di più sullo sguardo dei protagonisti e sulla “voce segreta” dell’ipermercato.
Va detto che questo scaturisce anche dall’impostazione del metodo: la centralità avuta finora dalle schede personaggio (e, in molti casi, dalla voce “biografia”) difficilmente permette quella disumanizzazione necessaria per l’“operazione postmoderno.” Su questo, il DA Grigolini, che ammise di trovarsi “spiazzato” rispetto al soggetto da lui scritto, all’arrivo delle schede personaggio, potrà chiarire maggiormente. Non è un caso che Magini, dovendo scrivere un racconto SIC fantastico, lieve e ironico (il Racconto #7, attualmente in fase di lavorazione), ha scelto di usare schede personaggio “ridotte”.

2. "Sguardo obliquo", azzardo del punto di vista - Particolarità e molteplicità dei punti di vista narrativi all'interno dell'opera, che giungono in molti casi ad adottare lo sguardo di oggetti inanimati e di entità immateriali.

Nei racconti SIC, finora, l’istanza narrativa è sempre stata esterna. Onnisciente in “Un viaggio d’affari,” parallela alla narrazione in “Il Principe” e “Alba di piombo,” ma senza mai (mi pare) uscire dai parametri classici del punto di vista.
In “Notturni per ipermercato” si sente forte la “voce” dell’edificio, ma non si arriva ad adottarne il punto di vista.
 

3. Complessità narrativa, attitudine popular. - Ricerca di un connubio tra complessità narrativa e leggibilità.

Nella SIC, per la struttura stessa del metodo, la “ricerca di un connubio tra complessità narrativa e leggibilità” è uno dei principali compiti del Direttore Artistico (anche se in senso del tutto diverso dalla ricerca dell'autore): dopo aver “sfrondato” le schede delle cose brutte, inutili o contrastanti, il lavoro di composizione si trasforma in un’accurata selezione e un subseguente intarsio volto a valorizzare la complessità che esce dalla molteplicità dei punti di vista (4, 5, 6 autori che raccontano la stessa cosa) e a combinarla in una scheda funzionale e leggibile.
Ed è proprio usando in modo creativo e non meccanico gli stratagemmi propri della genre fiction, il narratore spesso riesce a collocare i migliori tra gli spunti che inizialmente non possono rientrare nella linea narrativa principale, e quelli usciti nelle Schede Personaggio e Locazione e non ancora usati in fase Schede Situazione.
 

 4. Storie alternative, ucronie potenziali. - Frequente ricorso a una sorta di "ucronia potenziale", ossia alla narrazione di fatti e momenti storici in cui era presente il germe di un futuro alternativo.

 “Alba di piombo” si basa su un’ucronia potenziale. Gli eventi scatenanti sono enormi ma partono dal verosimile. Un paio di settimane dopo l’uscita, leggemmo la notizia dell’ipotesi di golpe in italia fatta da USA e UK, proprio nel settembre 1976… Se il piano fosse stato attuato sarebbe avvenuto proprio mentre Radovan e soci occupavano la facoltà.
Si basa anche su un “uso alternativo” (ovvero: da action movie) di BR, massoneria deviata e sovietici, riletti da un lato luce dell’immagine dei cattivi tipica della cultura pop, dall’altra da quella con cui quei soggetti furono e sono rappresentati dai media, mainstream e underground.
In “Un viaggio d’affari” e in “Il principe,” il futuro alternativo è solo nelle teste dei protagonisti, quindi non si può parlare di ucronia, ma resta il fatto che la riflessione sui futuri potenziali è il principale motore dell’agire dei protagonisti.

 5. Sovversione "nascosta" di linguaggio e stile. - Una sperimentazione e stilistica "dissimulata", che si nasconde cioè sotto una superficie linguistica solo apparentemente "semplice", "chiara" e "diretta".

Questo punto è il più complesso da affrontare, dal momento che la questione si interseca inevitabilmente con quella (affrontata in diversi post precedenti e non ancora risolta) dell’esistenza o meno di un stile SIC. In genere, ai membri di un Gruppo Scrittura si chiede di non essere troppo sperimentali perché questo renderebbe più complesso il lavoro del DA (inoltre molti “esperimenti” andrebbero perduti o, scollegati dal resto del loro testo, diventerebbero inutili e fuorvianti). La sperimentazione di linguaggio e stile, quindi, avviene soprattutto quando il DA compone. Dal momento però che il processo di composizione del DA è un atto creativo del tutto diverso dalla scrittura, non ha molto senso confrontarlo con le sperimentazioni linguistiche e stilistiche di un singolo. Si potranno forse un giorno confrontare lavori di direzione artistica SIC più o meno sperimentali, ma per ora il materiale su cui impostare il dibattito è troppo esiguo.

6. "Oggetti narrativi non identificati" (UNO). - Ossia, molti dei prodotti del NIE non sono romanzi, o meglio, non sono classificabili né come romanzo né come altro tipo di testo, perché sono composti in maniera inestricabile di troppi e troppo e troppo diversi tipi, dal saggio alla poesia, dall'inchiesta alla diaristica.

Questa categoria nel nostro caso non si applica in quanto tutti i racconti SIC possono essere tranquillamente considerati racconti. (anche il Romanzo SIC #1, in lavorazione anche se al momento parcheggiato, è indubbiamente un romanzo), per quanto un'opera collettiva sia sempre "un tipo diverso di testo".
C’è un momento iniziale di ricerca (la SIC prevede anche la costituzione di Gruppi Ricerca nel caso di opere con forti connessioni alla storia o all’attualità), ma è una cosa ovviamente comune in narrativa.

7. Comunità e transmedialità. - Sono opere transmediali e in qualche modo "collettive". Danno infatti spesso avvio a una serie di spin-off e "riappropriazioni", in una modalità che i Wu Ming associano alla "natura 'disseminata'" dell'epica greca antica.

Questa caratteristica è intrinseca alla SIC. Tutti i racconti SIC sono opere collettive (nella declinazione più forte del termine, dal momento che vengono scritte da gruppi di persone che non si conoscono minimamente tra loro), hanno origine da una comunità online e Internet è lo strumento usato per scriverle e pubblicarle (quindi se per caso vedessero la carta stampata diventerebbero immediatamente transmediali).
Finora, senza che ci fosse alcuna decisione a monte, abbiamo avuto una certa tendenza allo spin-off e alla contaminazione: “Un viaggio d’affari” è uno spin-off puro del Romanzo #1 (John J. Rose altri non è che il padre della Lindsay che nel Romanzo #1 indaga a Roma), una delle prime cose che hanno suggerito alcuni membri del GS#4 dopo l’uscita di “Alba di piombo” è stato scrivere un prequel sul passato di Virginia Manfredi nel Golan e di Gipo Acquachiara nella Legione Straniera (Mi viene in mente una cosa: tornando un secondo al punto #1, Virginia e Gipo di “Alba di piombo” sono personaggi da action movie postmoderno MA raccontati con etos accorato e partecipe), inoltre spesso, più o meno scherzosamente (e più o meno volontariamente), le opere SIC si citano a vicenda. Esiste quindi una natura disseminata dell’immaginario SIC, anche se per ora questa semina avviene solo all’interno della comunità di riferimento.
Per aprire la questione alla letteratura italiana contemporanea, poi, sicuramente in fase di stesura del soggetto di “Alba di piombo,” ha avuto un ruolo importante il fatto che tra i contemporanei si stesse iniziando a lavorare letterariamente sugli anni di piombo (il fatto che molti di questi lavori partissero da un approccio storico e/o giornalistico ha fatto sì che scegliessimo un approccio di pura fiction, ma questa è una scelta più che altro dettata da ragioni estetiche e di cosa-ci-divertiamo-a-fare). Questo non è avvenuto in altri casi dal momento che, in tutti gli altri casi, la sperimentazione metodologica è stata la discriminante principale nella scelta del soggetto del racconto, essendo il metodo ancora (e per sempre, dirà qualcuno, essendo aperto) in fase di sperimentazione.

commenti

ritratto di Wu Ming 1

Questo è un modo di

commento di Wu Ming 1 (non verificato), 01/05/08 - 23:22

Questo è un modo di interagire col mio saggio non passivo o puramente reattivo, ma attivo e creativo, che cerca di mettere in gioco i concetti.

ritratto di c.

dovreste farla davvero la

commento di c. (non verificato), 01/05/08 - 23:26

dovreste farla davvero la storia di Virginia quando stava nell'esercito israeliano!!

ritratto di Ubmr

Un bell'esercizio,

commento di Ubmr, 02/05/08 - 00:08

Un bell'esercizio, davvero.
Giusto un paio di elementi che non mi hanno convinto troppo.

3. Complessità narrativa, attitudine popular.
Secondo me la "molteplicità dei punti di vista" non genera necessariamente quella complessità cui fa riferimento WM1.
Se così fosse, tutte le opere collettive avrebbero questa caratteristica (fatte salve quelle -che però fatico a trovare- che non abbiano obiettivi di leggibilità). E questo sarebbe una forte sovrapposizione con il punto 7.
Per inciso, credo che il racconto abbia per sua natura più difficoltà a sviluppare una complessità narrativa intesa come nel NIE.
Non che sia impossibile, eh. Però secondo me "un viaggio d'affari" e "il principe" non presentano questa caratteristica.

4. Storie alternative, ucronie potenziali.
Sempre nei racconti "un viaggio d'affari" e "il principe": il "futuro alternativo" -oltre ad essere solo nelle teste dei personaggi- manca anche di riferimenti a veri e propri scenari o fatti storici (presenti invece in "alba di piombo"). Insomma, non ci vedo gli elementi di una "alternative history", neppure inespressa.

ritratto di sarmigezetusa

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commento di sarmigezetusa, 02/05/08 - 20:17

sul punto #3: sono d'accordo, infatti ho aggiunto una precisazione nel testo ("in modo del tutto diverso"): stante che (anche solo per motivi di lunghezza) i primi due racconti SIC non possono certo essere definiti complessi (tra l'altro anche la loro struttura è chiara e semplicissima, un triangolo di conflitti l'uno, una serie di incontri l'altro).
Per questo, giocando a trovare il NIE (anche dove non c'è) mi è venuto in mente il modo in cui il DA seleziona UNA linea dal magma di complessità (e di possibilità narrative) delle schede.
E' però una complessità che si manifesta al DA e non al lettore.

ritratto di r.o.b.

complessità varie

commento di r.o.b., 02/05/08 - 01:16

Anche secondo me il punto 3 non è del tutto a fuoco. Non mi sembrava che wm1 nel saggio facesse riferimento ad una complessità come questa, che per me è più una sintesi delle qualità narrative che emergono dai vari punti di vista, e che comunque riguarda unicamente le scritture collettive. Ho idea che invece parlasse di una scelta stilistica, di un'operazione sul linguaggio ben precise e fatte coscientemente, parti dell'oggetto narrativo tanto quanto la storia raccontata forse. Se poi riesci a fare in modo che tutto questo lavoro non salti all'occhio di chi legge, bingo.

A Ubmr: non so se per un racconto in generale sia più difficile ottenere una complessità narrativa di questo tipo; di certo su un racconto SIC, l'idea che mi sono fatto è che dovrebbe passare per forza attraverso le famigerate schede stile, e già così per il DA sarebbe un lavoraccio.

ritratto di peterpoe

Complessità della complessità

commento di peterpoe, 02/05/08 - 19:33

In effetti non è che i primi racconti SIC presentino quel tipo di complessità di cui parlava WM1, che è essenzialmente una complessità dell'intreccio ("anticipazioni, agnizioni, colpi di scena, deus ex
machina, McGuffin, diversivi, finali di capitolo sospesi etc."
).

Va detto secondo me che la tendenza della cultura popolare a farsi sempre più complessa a livello narrativo è in crescita da quasi un decennio, e ha origine dalla diffusione dei videogiochi (vedi la discussione su Matrix in Convergence Culture di Henry Jenkins).

La complessità è sempre relativa al grado di preparazione del fruitori. Dal momento in cui certi stilemi di genere (un tempo ritenuti difficili, astrusi, appunto "complessi") diventano patrimonio culturale condiviso dalla maggioranza del pubblico, si può dire che la loro complessità venga meno. Il pubblico ha oggi preso confidenza con un linguaggio che un tempo era appannaggio della letteratura colta, o del cinema d'autore, ma non sono stati questi a insegnarglielo. (Al riguardo scrisse David Foster Wallace da qualche parte – scusate la mia memoria –, che il lavoro di Tarantino in Pulp Fiction è consistito principalmente nel prendere i tratti distintivi del cinema di Lynch, sfrondarli degli aspetti meno digeribili, e presentarli come una rivelazione al grande pubblico.)

Questo non per dire che la complessità narrativa è una farsa, ma per far notare che la complessità dovrebbe essere utile a uno scopo di rottura e diversa ricomposizione del linguaggio – e questo scopo non può più raggiungerlo se è una complessità normale.